Roma-Lazio, il derby che "dopa" le emozioni

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Roma-Lazio, il derby che "dopa" le emozioni
Ivan Zazzaroni
4 min

Sarà un derby speciale come soltanto i derby possono esserlo. Soprattutto - in questa occasione - per merito di De Rossi. Da giorni, prima dell’allenamento, Daniele spiega ai suoi il senso profondo della partita, lo fa con lo stesso calore, la stessa partecipazione emotiva del genitore senese che introduce il figlio al Palio. La storia, i ricordi, l’attesa, le aspettative, le pressioni, il durante e il dopo. Soprattutto il dopo, che può essere splendido, terribile o grigissimo. Perché il derby è una linea di frattura che si ferma a livello sentimentale al quale è impossibile restare indifferenti. «Dovete rispettarlo, ma non temerlo». Daniele non ha mai staccato da Roma-Lazio e viceversa: l’ha vissuto e sofferto da tifoso, giocato da protagonista, rivissuto nel periodo dell’inaccettabile separazione decisa da Pallotta e i pallottiani. E adesso si ritrova sulla panchina, allenatore, una potente fibrillazione. Un giorno proprio lui raccontò che «i primi derby da calciatore sono stati la scia di quelli vissuti da tifoso: la città si ferma e ti scaraventa dentro un turbinio di emozioni. Tenerle a freno non è facile. Sul campo devono restare l’intensità e la concentrazione, ma il calore che trasmettono i tifosi non potrà mai lasciarti freddo».

Sarà speciale anche per via del peso che il risultato avrà nell’economia della stagione: potrà provocare un’accelerazione nel percorso che porta alla Champions oppure un brusco stop determinato peraltro dalla Lazio che sa rendere storico ogni dispetto. E sarà speciale perché lo porteranno in scena i tecnici subentrati in corsa ai profeti Mourinho e Sarri, capaci il primo di portare la Roma a due finali europee ma di vincere un solo derby su sei e Mau di ottenere un piazzamento che mancava da troppo tempo, il secondo posto, e firmare quattro derby. E sarà speciale perché, vincendolo, la Lazio si ritroverebbe a tre punti dalla Roma e il giorno dopo potrebbe guardare a Cagliari-Atalanta con altri occhi, molto più europei. Lo renderanno ulteriormente unico le tante ultime volte che questa edizione di aprile determinerà: sono numerosi gli interpreti che non sanno ancora se potranno disputarne altri, penso soprattutto a Dybala, Lukaku e Spinazzola da una parte e Immobile, Luis Alberto, Pedro e Felipe Anderson dall’altra.

Sarà infine particolarissimo perché arriva a poco più di un mese dalla celebrazione dello scudetto del ’74, per i laziali il più romantico, indissolubilmente legato alle figure di Maestrelli e Chinaglia, che il derby lo odiava, «non lo so perché» rivelò «visto che avevo tanti amici che giocavano con la Roma: Cordova, Rocca e Bob Vieri. Ma quando scendevo in campo odiavo loro e soprattutto i loro tifosi, e io e Pino (Wilson, nda) sapevamo come far infuriare quelli della Roma. Ci bastava far sbucare il piedino dal tunnel degli spogliatoi prima dell’ingresso in campo per controllare il terreno di gioco e quelli impazzivano. Allora noi uscivamo, facevamo finta di controllare il terreno, poi correvamo verso la Sud. Sapevamo come farli imbufalire. Ci bastava stare fermi per mandarli in bestia. Ci urlavano e tiravano di tutto e noi fermi, impassibili. Sorridevamo e agitavamo le braccia e a quel punto succedeva il finimondo. Ci caricavamo così. Poi entravo in campo e segnavo».


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