© LAPRESSE C'è turbolenza nell'AIA: la glasnost di Rocchi
Glasnost significa trasparenza, un termine che riporta alla perestrojka e a Gorbaciov, ma anche a un’apprezzabile qualità che il mondo arbitrale non ha mai coltivato. Chiusura totale, protezione assoluta della “casta” e dei suoi membri: questa è stata per oltre un secolo l’indicazione dei vertici.
Da qualche tempo a questa parte però l’incidenza della tecnologia e le continue sollecitazioni dei media hanno costretto l’AIA a tentare qualcosa di diverso proprio sul piano della trasparenza: non mi riferisco tanto alle recenti spiegazioni live delle decisioni del Var, quanto a Open Var, il programma di Dazn dal quale stanno uscendo cose molto interessanti.
Tipo le ammissioni del designatore Rocchi che ieri ha dato chiaramente ragione a Tudor sui due episodi di Verona-Juve: il rigore contro e il mancato rosso a Orban.
Rocchi, che è persona sensibile e perbene (ne ho le prove), è sempre stato fedele alla “patria” e mai si era sbilanciato al punto da sfondare pubblicamente due dei suoi.
E allora perché l’ha fatto? Per eccesso - o urgenza - di glasnost? Conoscendo gli arbitri e le loro dinamiche politiche, ho la sensazione che all’interno dell’AIA, che ha un nuovo presidente e sta investendo su un ex particolarmente ambizioso e ingombrante, quale è Daniele Orsato, si stiano verificando forti turbolenze capaci di minare ulteriormente la serenità dei vari Colombo e Chiffi.
Gli arbitri non sono portati alle novità e quando queste diventano addirittura troppe e tutte in una volta, rischiano di andare in tilt.
Spero di sbagliarmi. Ma l’ultima volta che l’ho fatto (sugli arbitri) mio figlio aveva 10 anni e oggi ne ha 35.
