Gasperini, il Gian Burrasca che bruciò i libri sacri

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Gasperini, il Gian Burrasca che bruciò i libri sacri© LAPRESSE
Roberto Beccantini
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Non resta che sperare nella clemenza di Gian Piero Gasperini. Pratica la difesa a tre, modulo che l’intellighenzia considera un rutto nel bel mezzo di un pranzo a corte. Marca a uomo, cosa che sta al Nuovo testamento come la Monaca di Monza a Monica Lewinsky. Va a Liverpool e, in spregio delle dottrine vigenti, pensa più alla qualità che alla quantità, più ai gol (ben tre, a zero) che al possesso (29,7% a 70,3%). E lo sventurato Andrea (Agnelli), chi non ricorda: «Rispetto l’Atalanta, ma è giusto che sia in Champions?». Era il marzo del 2020: fate un po’ voi. 

Il calcio ride, sorride e irride. L’Ego di Bergamo ha forato a Cagliari e persino la Juventus di Massimiliano Allegri lo costrinse a un tribolato pareggio (2-2). E sto parlando dell’Allegri-bis, il feticista del muso calante da fine gennaio al derby. I Reds, di solito, non camminano mai soli, ma la Dea delle emozioni ha aggiornato la storia. In suo onore, si brinda alla rosa, ai dirigenti, ai tifosi e, naturalmente, al demiurgo. Meglio un brutto carattere che non aver carattere. E così sia. Narrano che, nei tre mesi scarsi passati all’Inter del post Triplete, invano Thiago Motta, che aveva lavorato con lui al Genoa, cercò di convincere Javier Zanetti ed Esteban Cambiasso a portare pazienza, a credergli, a non remargli contro. 
È dall’estate del 2016 che, a Zingonia, Gasp raccoglie i mercati che gli fanno e, più brontolo che pisolo, li trasforma in fiere di livello internazionale. Voce dal loggione: eppure non ha alzato manco una coppetta domestica. Ma è proprio questo il suo marchio. Nessuno rammenta chi si aggiudicò il Gran Premio di Francia, a Digione, nel 1979 (per la cronaca, Jean-Pierre Jabouille): tutti, in compenso, non dimenticano il forsennato duello, tipo western, che inscenarono la Ferrari di Gilles Villeneuve, secondo, e la Renault di René Arnoux, terzo.

Ecco: la milizia del Gasp è quel bouquet di scintille, e l’hybris del tecnico la trasposizione agonistica dell’estremismo del pilota canadese, senza se e con pochi ma, finché avversario (più forte o più concentrato, come capita spesso in campionato) non li separi. 

Ha studiato l’Ajax, ha abolito il ruolo fisso, se ne frega di timbrare il tabellino. Prova ne sia, a 66 anni, la battaglia della “Kop”, là dove Gianluca Scamacca sembrava Ian Rush e il coraggio ha smorzato le cariche della cavalleria kloppiana. Pressioni quasi carnali, sì: ma in avanti, sempre, a cominciare dalle punte. E Maginot fondata sul “tridente”, ad assetto variabile, in barba ai pusher che continuano a spacciare dogmi.  

Non a caso, la prima squadra italiana a espugnare Anfield fu il Genoa di Osvaldo Bagnoli, nel 1992. Bagnoli, Gasperini: figli del loro tempo, hanno proposto una “terza via” al catechismo imperante. E Osvaldo, al Verona, ci ricavò addirittura uno scudetto (nel 1985). O sei Pep Guardiola, e allora puoi permetterti le ricette più audaci, o devi inventarti piatti che sfamino, insieme, la pancia e l’occhio. Con buona siesta degli archivisti alcolici e anonimi. Giovedì sera, la rivincita. Comunque vada, sarà scompiglio. Non certo sbadiglio


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