Sinisa avrebbe applaudito Thiago Motta

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Sinisa avrebbe applaudito Thiago Motta© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
4 min

Non vedevo il Bologna dal 4 gennaio: mi ero staccato emotivamente il 16 dicembre, giorno terribile. Pochi istanti di partita bastavano per riportarmi all’assenza di Sinisa, sottolineandola. E cambiavo subito canale: i meccanismi del cuore. L’avevo confessato ad Arianna. Lei il Bologna non lo seguirà più. Mi sono perso Roma, Atalanta, Udinese, Cremonese, Spezia, Fiorentina, Monza e Samp. Vittorie, pareggi e sconfitte: un percorso appiattito da una distrazione voluta. Ieri ci ho riprovato: sessant’anni di tifo, molto altro e l’Inter, un invito alla diretta Sky. Il giorno prima a Radio Deejay, al momento del gioco dei pronostici con Fabio Caressa (lo sto asfaltando ed è giusto che si sappia in Europa), avevo puntato su vittoria o sconfitta. Me lo sentivo: blu o rosso, niente grigio. Cinque minuti di tentativo e non ho più staccato gli occhi dal televisore. Il Bologna mi ha preso. Sarebbe piaciuto tantissimo anche a Sinisa. Perfetti i movimenti senza palla, i tempi degli interventi in copertura, gli anticipi, su un campo complicato dalla pioggia anche i passaggi uscivano precisi, utili, efficaci. Il Bologna giocava a calcio, l’Inter a pallone: il tocco di mano non punito da Orsato (era rigore), il gol annullato per il fuorigioco di Dominguez, la traversa e insomma un primo tempo di superiorità tecnica, tattica e mentale. Il Civ sarebbe impazzito di gioia. Nella ripresa le cose sono addirittura migliorate. Giudizio finale: Posch, Lucumi, Sosa, Cambiaso e Ferguson impeccabili; Schouten e Dominguez stupendi, Orsolini di nuovo da Nazionale, Barrow e Soriano centrati e generosi. Ho trovato addirittura simpatica la teatralità di Orso che accompagna ogni gesto, ogni errore e ogni cosa ben fatta con espressioni del viso e del corpo da commedia dell’arte. Al Bologna è indispensabile, Sinisa l’avrebbe voluto sempre così e non dimentico che a un certo punto, irritato, lo trascurò. L’Inter, sette sconfitte su 24 uscite e 11 punti in meno rispetto alla stagione scorsa, non ci ha capito una mazza, quasi sorpresa da tanto vigore e da tanta organizzazione. Da ieri nuovo processo a Simone istruito da una giuria, quella social, abituata alle sentenze a giorni alterni: vinci e sei un grande, perdi e sei un cretino. Riesco solo a immaginare le difficoltà di Inzaghi, alle prese con un gruppo disorientante. Il Bologna ha giocato un calcio declinabile in varie sfumature di tattica, trasmettendo il senso del lavoro ben fatto, oltre che di una piacevolissima complicità. Anche con la sua gente. Se guardo indietro sono cose che avrei volute più recepite. PS. Schouten è forte e maturo, Dominguez l’avrei abbracciato. Negli ultimi dieci minuti non sentiva le gambe e i polmoni erano in tilt: ha guardato a più riprese verso la panchina, anche da terra, inseguendo la compassione di Motta. Che, avendone individuato l’importanza, si è sempre girato dalla parte opposta.

Il primo Maltese

Massimo Gramellini è stato l’unico a ricordare che Curzio Maltese, giornalista, scrittore e politico morto ieri a 63 anni, aveva iniziato (come lui) al Corriere dello Sport. «Cominciò dallo sport, dal suo adorato Milan», le parole di Gramellini. «Ricordo un suo pezzo su Franco Baresi che andrebbe studiato nelle scuole di giornalismo. Allora lavorava per la redazione milanese del Corriere dello Sport. Ogni tanto il suo capo mi chiamava: "Per caso hai notizie del tuo amico? È sparito". Allora andavamo a cercarlo nei bar dove passava le ore davanti a un flipper. Lo trascinavamo in ufficio per le orecchie e in un quarto d’ora scriveva un capolavoro che naturalmente si dimenticava di spedire al giornale, per cui bisognava inseguirlo fino a casa per ricordarglielo».


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