Orsolini: “Bologna, ti meriti l’Europa”

L’attaccante rossoblù parla in un’intervista esclusiva: “Thiago Motta è un martello, Spalletti è un professore, qui tutto sa ancora di Sinisa”
Orsolini: “Bologna, ti meriti l’Europa”© Getty Images
Giorgio Burreddu e Dario Cervellati
10 min

BOLOGNA - Dieci risultati utili consecutivi in A, e in molti l’hanno già ribattezzato il Bologna che non perde mai. Iperboli. Fantasticherie. Ma c'è del vero. Domenica il banco di prova è cruciale: c’è il derby contro la Fiorentina al Franchi. Riccardo Orsolini quando vede Viola si accende: è il momento più bello da quando è qui? «Il più entusiasmante. E vogliamo continuare questa striscia positiva. Sicuramente la partita di Firenze sarà un momento importante, che ci farà capire dove possiamo arrivare. Sono un’ottima squadra».

Tutti la vedono tra le prime sette.
«È molto forte, ben allenata. Sono già due anni che fa la Conference. È una squadra che si presenta da sola, forte. Secondo me verrà fuori una bella partita».

Quanto è stato vicino alla Fiorentina?
«Vi dico la verità. Il mio procuratore mi ha parlato spesso della possibilità, di un interessamento. Parlo già di due anni fa. Ho sempre detto, con massimo rispetto, di voler stare qui. Perché sono a Bologna da molti anni e poi perché non è un passo avanti».

Lei vede il Bologna allo stesso livello.
«Sì, io le metto nello stesso range. Per quello ho detto: qui già mi conoscono tutti, sono benvoluto, la piazza ha considerazione di me, mi sento importante, perché andare via? E poi non c’è mai stato nulla di concreto».

Il Bologna ha sempre pensato che Dominguez alla fine sarebbe andato via, mentre lei sarebbe rimasto. Perché?
«La società sapeva che io volevo rimanere qua. Cosa che non valeva per Nico. Dominguez voleva fortemente la Premier, voleva farsi vedere in un campionato come la Premier per poter riconquistare la maglia dell'Argentina».

Lei la maglia dell’Italia se l’è presa a Bologna.
«L’ho sempre detto: la mia strada in azzurro passa da quello che faccio con il club. Se faccio schifo qui, non mi chiamano. È così. Tornare in Nazionale dopo più di due anni è stato emozionante, quasi più della prima volta».

Spalletti se lo aspettava così nella gestione?
«Spalletti è un professore, sta lì, parla a tutti. Ho capito perché il Napoli ha vinto lo scudetto. Per me è un fenomeno. Sicuramente c'è concorrenza, ma non devo assolutamente temerla. Anzi, quella fa bene».

A proposito, cosa rischia l’Italia?
«Niente. Perché bastano quattro punti. Sarebbe stato meglio vincere a Wembley. Ma io penso, e spero, che riusciremo a qualificarci».

La concorrenza l’ha sempre vissuta come la descrive ora?
«All'inizio la soffrivo. Poi ho capito che comunque è anche importante per alzare il livello degli allenamenti, per farti stare sempre attento».

Lo ha capito con Motta?
«Lui è un martello, se vede che una settimana non ti alleni bene non giochi pure se hai fatto tripletta la settimana prima. Non gliene frega niente».

Ha ricordato Sinisa. Cosa è rimasto di lui?
«Sono cambiati praticamente tutti i giocatori. Ma io, Lollo e Lukazs portiamo avanti il ricordo del mister. Ogni tanto, quando siamo in ritiro, ci mettiamo lì intorno a parlare. In alcune situazioni diciamo: “Ma secondo te Sinisa come avrebbe reagito, cosa avrebbe fatto, ah per me avrebbe spaccato già tutto”. A livello di campo non penso sia rimasto qualcosa. Motta ha rivoluzionato tutto. Sinisa era una presenza talmente ingombrante. Ma in questo centro ogni cosa ricorda un po’ Sinisa».

È il Bologna più forte in cui ha giocato?
«È quello che in questo momento sta raccogliendo di più. Se è forte lo dobbiamo ancora scoprire. Quante persone all'inizio dell'anno pensavano a un Bologna così? Era un bel punto interrogativo. Anche voi della stampa eravate un po’ dubbiosi».

E invece?
«Siamo inquadrati, prima eravamo un po’ allo sbando, se così si può dire. Ora siamo belli tosti, e si vede. Mi hanno sorpreso tutti».

Insomma, Orsolini portaci in Europa?
«Orsolini ci prova, Orsolini fa quel che può. Ma non faccio promesse. A me non piace. Però ci provo».

Quanta voglia ha di giocare le coppe?
«Mi piacerebbe ritornare ad assaggiare qualche campo europeo. E quindi, boh, sarebbe bello per il Bolo, dopo vent'anni... Se lo meritano tutti».

La Coppa Italia è una strada?
«Può essere quella più breve. Per noi può essere un obiettivo concreto».

Cosa è cambiato davvero?
«Tutti parlano di un Bologna che vende cara la pelle. Siamo anche noi più consapevoli della nostra forza. Prendi la Lazio, magari siamo stati meno bellini. Ma siamo una squadra tosta da battere. Infatti il Milan è stata l’unica che ci ha battuto».

Vorrebbe rigiocarla?
«Sì, perché non ho giocato dall’inizio. Rosico tantissimo, e dopo la partita mi faccio delle domande. Dico: “Magari con quel tiro lì io avrei fatto gol”».

Il palleggio è una delle armi di Motta?
«Il mister ci tiene tanto a questo concetto. Lui dice: “Bisogna frustrare l’avversario”. Quindi, anche se sembriamo un po’ noiosi, prima di trovare l’imbucata facciamo molti passaggi. Motta ce lo dice: “Se fate anche quarantacinque passaggi a me non importa”. Si frustrano».

La Fiorentina è la squadra che fa più possesso palla...
«Sarà una bella partita perché poi sono due squadre che vogliono giocare. Due squadre che se non hanno la palla se la vogliono andare a prendere subito. Loro poi sono una squadra astuta, furba».

Se dovesse arrivare una sconfitta, ha paura di una ripercussione?
«È un bel test per vedere se questa squadra ha gli attributi. Sicuramente non puoi non perdere mai. Ma io so come si affrontano certe situazioni. Il clima non ci deve influenzare. A Milano ho tirato un rigore con 75mila persone, non ho sentito l’arbitro fischiare».

Se lo aspettava uno Zirkzee così?
«No, non me lo aspettavo. Però lo posso capire perché ho vissuto una situazione simile. Senza concorrenza è abbastanza tranquillo. Sta facendo cose incredibili e sono contento per lui. È un bravissimo ragazzo. Anzi, può fare anche meglio. Potenzialmente lui è un crac, un giocatore europeo, di livello internazionale. Uno che tra due, tre anni può fare la Champions League».

Tra lei e Zirkzee chi tira i rigori?
«Io penso una decina di rigori di averli segnati. Se il mister pensa che lui li possa battere, chi sono io per per poter dire di no».

Farebbe il rigorista in Nazionale, alla Jorginho?
«Non vedo l’ora. Già una volta l’ho tirato. Proprio a Firenze, contro l’Estonia».

La partenza di Arnautovic è stata importante per Zirkzee. Ma per voi è stato ingombrante?
«Markone era per certi versi anche un po’ ingombrante. Lui era il punto di riferimento, quasi ci sentivamo in dovere di dargli la palla. Perché era Marko. Sicuramente la sua partenza ha giovato sia a lui che a noi. Io ho parlato con Marko, con lui ho un bellissimo rapporto. Tutte le volte che faccio gol mi chiama su FaceTime quando sono ancora nello spogliatoio. Abbiamo un bellissimo rapporto. Secondo me è stata la decisione più giusta per tutti e due. E quindi poi si è un po' resettato tutto. In estate eravamo rimasti col punto di domanda. Ma stiamo dimostrando che non manca niente perché siamo ben coperti in tutti i reparti. In difesa siamo super. Calafiori è l’acquisto top di questo mercato».

Prima era il Bologna di Arna, ora è quello di tutti.
«Sì. A livello organizzativo è tutto incredibile. Quasi come la nazionale, qui non manca niente. Adesso tocca a noi far diventare grande questa squadra».

Ha cambiato qualcosa la presenza fissa di Saputo?
«È una cosa che ho percepito. È molto presente, sta qui, fa colazione con noi tutte le mattine, pranza con noi. Prima lo vedevi due volte all'anno e adesso è qui. Non eravamo abituati. Osserva tutto, sta lì dentro lo spogliatoio, saluta. Non so quanto possa influire. Però fa sempre piacere vedere un presidente che s’interessa così alla squadra. Ci tiene proprio, vuole sapere, è curioso, fa palestra tutte le mattine alle otto. Ogni tanto gli faccio qualche battuta, vedo che ride».

Lei è diventato più egoista?
«Il mio gioco non è mai cambiato, è rimasto sempre quello, con quei fondamentali lì. Quando prendo palla cerco di creare la superiorità numerica, fraseggio un po’ con i compagni. Ma adesso mi sto dando alla fase difensiva. Motta ci tiene tanto, e capisco anche il perché. Me lo ha fatto capire. Quindi ho messo da parte l’Orsolini solista e sono diventato un ingranaggio di un macchinario che in questo momento sta andando bene».

Uscire dal meccanismo è impensabile?
«Al mister non piace esaltare i singoli, mette tutti sullo stesso livello, Ha un concetto in testa, e lo porta avanti. Quindi o ti adatti o ti adatti, perché poi lui non si fa problemi a metterti in panchina. O sei con lui o contro di lui. E quindi ci siamo tutti dovuti adattare a quella che è la sua mentalità. E sta dando risultati».

C’è un Motta dietro le quinte che ci può raccontare?
«Uuuu. Ma non ve lo dico. Soprattutto a cena» (e ride).

È la carriera che aveva immaginato per sé?
«Non sono uno che si piange addosso, non avrò mai rimpianti, e quindi tutto quello che viene e che verrà sarà sempre preso di buon grado. Io sono l’Orso che ti fa vincere le partite, ma sono poi anche quello che ti fa incazzare. Bisogna prendere tutto il pacchetto».


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