Bologna, non parlate di miracolo

Leggi il commento sulla squadra di Thiago Motta dopo la bella vittoria contro l'Atalanta
Italo Cucci
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Olé. Chissenefrega di Juve, Inter, Milan: battere l’Atalanta a Bergamo - scusa Vittorio (Feltri, nda) - è il non plus ultra. Voce del popolo rossoblù che urla grazie, obrigado, thank you al Bologna di Motta e Saputo. È storia. Anzi, preistoria: la memoria mi dice 28 gennaio 2009, gol di Sergio Volpi. Sesta vittoria consecutiva. Sicurezza. Baldanza addirittura. L’allievo Motta aggiorna il maestro Gasperini. Possesso palla intelligente dopo il vantaggio di Lookman (28’) e una crescita equilibrata e inarrestabile dei rossoblù. In allegria. Senza paura. 

Dicevo storia. Ho un ricordo nella mente e nel cuore, un pareggio al Brumana (scusate, sono datato) nel 2021, c’era ancora Sinisa e tornano le sue parole delle vigilie difficili: «Domani i nomi non contano, contano voglia, passione, spirito, rispetto per la maglia, gambe e pure le palle. Perché non bisogna aver paura che della paura». Che pure aiuta - aggiunse in tempi duri. 

Dicevo preistoria. No, non voglio toglier nulla a Thiago, desidero solo che comprenda la gioia infinita di questa vittoria non solo perché sa sempre di più di Champions ma perché fra Bologna e Atalanta esiste una rivalità speciale - ancestrale! - da quando al Brumana Ezio Pascutti fu accolto a pernacchie per quel santo cazzotto rifilato a Mosca al killer sovietico/ucraino Dubinski in Urss-Italia. Erano centodiecimila, allo stadio Lenin, e applaudirono freneticamente l’espulsione di Ezio che aveva vendicato Sormani colpito da una scarpata in faccia da Dubinski. A Bergamo il Bologna trovò Mosca. E fu rivalità (non solo di spirito) per sempre. 
Perdonate l’amarcord. È anche un modo per riflettere senza darsi al miracolismo, per mettere insieme entusiasmo e raziocinio. No, non è un caso: questo Bologna è maturato a indiscutibile grandezza. Possiede tutte quelle virtù che impreziosiscono una squadra: qualità degli uomini, lucidità del tecnico, serenità dell’ambiente, organizzazione intelligente e pratica del collettivo che si traduce in intesa automatica proprio come ha voluto Motta fin dall’inizio della stagione. I rossoblù - perdonate il sentimentalismo - si vogliono bene intercambiandosi sul campo senza baruffe: non c’è attenzione speciale solo per Zirkzee, o per Ferguson, l’elegante guerriero di pedatoria razza scozzese che balla leggero con un fisico possente: sono loro i gol del successo, Joshua su perfetto rigore al 56’, Lewis con un contropiede che produce una fucilata precisa nell’angolo basso della porta atalantina. Tutti funzionano a dovere ma mi piace spendere due parole speciali per l’ultimo arrivato, un regalo del Milan, Saelemaekers, un ragazzo dell’Anderlecht (ahi, quanti ricordi...) che cominciai ad apprezzare quando in pandemia si rivelò il fedelissimo di Pioli. Alexis è non solo un generoso combattente, un suggeritore prezioso fra centrocampo e difesa, a volte sembra il primo a cogliere i cambiamenti di ritmo suggeriti dal tecnico. 
E adesso fatemi dire, alla faccia degli estetisti, l’ultima e saliente virtù del Bologna: con un attacco fluido e una difesa tosta quanto brillante, è prossimo alla perfezione. Posso anche esagerare, tanto c’è Thiago che ha testa per tutti. Anche per i commentatori fattisi da prudenti spavaldi. Niente arriva per caso. 


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