
Ci voleva Vincenzo Italiano, lo specialista, per questa nuova impresa, a 26 anni di distanza. Allora il Bologna piegò la Juve (probabile prossima avversaria in semifinale), stavolta l’Atalanta. Arriva un’altra semifinale ed è un passo sicuro verso l’avvenire del club di Saputo. Di nuovo il sapore dell’impresa e della storia che torna a illuminare una squadra sempre più forte, sempre più audace. E da ieri sera lo si può dire: una nuova vetta è stata scalata e, in qualche modo, già a febbraio, la squadra dei sogni, passata da Thiago Motta a Vincenzo Italiano e trasformata in una stagione che poteva essere della disillusione, è diventata ancora più grande di quella del passato. Motta si era fermato a Firenze, ai rigori, proprio contro Italiano. Italiano ha saldato il debito. E ha reso questo gruppo più forte, più consapevole. Oltre i quarti di finale. Con un balzo che ora fa sognare. La coppa vuole dire tutto: prestigio, altra possibilità di accesso all’Europa, consapevolezza. Il gol di Castro è un altro sigillo impresso dalla volontà di vittoria di questo gruppo, rinnovato, vivo e supremo. Vincere a Bergamo contro un’avversaria che ha persino coltivato i sogni di scudetto da outsider significa che il Bologna è sospinto da un vento impetuoso. Significa anche che questo allenatore sa governare venti e tempeste. Sa trasformare la ganga in metallo puro, da cuocere all’altoforno della propria sapienza. Dalle emozioni e dalle contraddizioni sa sfornare acciaio. Questo acciaio colpisce e sa punire, ma è anche docile nelle mani di chi sa maneggiarlo.
Dosare l’ingresso di Castro, rimasto in panchina e pronto per colpire, rimediare all’infortunio di Odgaard, la grande scoperta tattica di questa stagione con Dominguez, ricostruire, giornata dopo giornata, ora dopo ora, la calma e la tempra di Skorupski, rimodellare le virtù greche di Lykogiannis, uomo assist ancora decisivo, è affare da demiurghi. Non solo il mestiere, non solo la quarta semifinale consecutiva, non solo una stagione in crescendo, Italiano è meglio di un mago perché non ha trucchi e non improvvisa. Ha il genio dell’architetto che crede ai suoi calcoli e li fa balenare sotto gli occhi di tutti con le sue cattedrali. Italiano ha reso possibile quello che sembrava assurdo. Fare meglio di Motta e in meno tempo. Il suo edificio svetta verso il cielo e i suoi record smontano gli archivi da rimettere in piedi, giornata dopo giornata, come una Babele numerica che tutto fa cadere sotto l’incedere dei risultati. Anche la guerra dei Trent’anni in Coppa Italia contro l’Atalanta, altro tabù del Bologna, viene archiviata e vinta con la partita di ieri sera. Mai negli scontri diretti i rossoblù avevano prevalso. Ma stavolta dopo tre confronti, dal 1996 al 20011-2002, il Bologna ce l’ha fatta. È stata una grande nottata, ma non è stata la sera dei miracoli. Ne aveva solo la magia. Il resto è roba vera. Che tornerà a ripetersi.