Shomurodov, l'intervista: "Ranieri e Cagliari, dritti al cuore"

Con la doppietta che ha steso la Salernitana è tornato a essere l’attaccante decisivo. E ha un solo obiettivo
Shomurodov, l'intervista: "Ranieri e Cagliari, dritti al cuore"© Gianluca Zuddas/LaPresse

«Non posso dire dopo appena una partita se è tornato il vero Eldor Shomurodov. Ancora è troppo presto perché ci vorrà continuità, ma in questo momento sono felice». Si è lasciato alle spalle in un solo colpo, anzi in due, il lungo periodo negativo che durava fin dal suo arrivo in Sardegna. E ora il primo attaccante uzbeko della storia del Cagliari ha un solo pensiero in testa: salvare il club rossoblù

Si aspettava un impatto così difficile in questa avventura? 
«Più che altro mi aspettavo di giocare di più a inizio stagione. Ma la colpa è la mia perché non ero pronto. Soprattutto fisicamente. Sono arrivato con pochi allenamenti e ho avuto poco tempo a disposizione, Credevo di tornare in forma prima ma non è andata come pensavo».

Cosa non ha funzionato? 
«Immaginavo che la condizione arrivasse giocando e invece sono sceso in campo poche volte».

Ma contro la Salernitana qualcosa è cambiato… 
«Spero sia solo l’inizio. E ora voglio fare tutto quello che non ho potuto fare fino ad ora».

Mai pensato di mollare tutto e andar via a gennaio dopo l’infortunio? 
«Quando le cose non vanno bene, pensi un po’ a tutto. Ma devi cercare di cambiare subito mentalità e pensare positivo. Stare fuori era una sofferenza e mi dispiaceva non poter dare una mano alla squadra in un momento di difficoltà. Però parlavo con il direttore e con il mister che mi davano fiducia e mi dicevano che mi aspettavano tutti».

E ora eccola di nuovo al top. Merito di Ranieri? 
«Lui è riuscito a darmi più di tutti. Abbiamo un gruppo molto unito e anche i compagni sono sempre stati vicini, ma Ranieri ha saputo sollevarmi il morale. Toccando le corde giuste».


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Quali? 
«Un giorno mi ha detto: “A Genova eri forte, un mostro. Adesso non so cosa ti sia successo. Non ha più fame? Io voglio vedere quello stesso giocatore”. Voleva prendermi in giro, farmi sorridere e allo stesso tempo stimolarmi. Beh, ci è riuscito ed è arrivato dritto al cuore».

Giusto il tempo di ritrovare condizione ed entusiasmo. E la Salernitana si è ricordata di quanto potesse essere letale… 
«Il più difficile è stato il primo perché non segnavo da un anno. E quando la palla è entrata in porta, non sapevo nemmeno come esultare. Ma il più importante è stato il secondo perché dopo i loro 2 gol, temevamo potessero pareggiare. Segnare di nuovo è stata una liberazione, per me e per il Cagliari, perché tutti volevamo vincere a tutti i costi».

Una bella soddisfazione lanciare la volata salvezza a suon di gol?
«Sono contento ma ancora manca tanto. Ci aspettano 10 finali e lotteremo al massimo per ottenere punti in ogni gara. A cominciare da Monza».

Un altro gol in arrivo? 
«Magari. Ma con o senza reti, io voglio essere di aiuto alla squadra perché lasci la zona bassa della classifica».

Pronto anche a parlare di futuro? 
«Non è il momento. Prima viene la salvezza con il Cagliari».

Cosa è cambiato tra lo Shomurodov di Genova e quello di Cagliari? 
«Sapevo di non aver fatto tanto bene. Ho dovuto lavorare anche per cambiare il mio carattere perché io sono uno tranquillo. Ma nel calcio, se non combatti, non ottieni nulla. E ora so che devo lottare per difendere i colori di una regione intera».


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Quanto conta il tifo in una realtà come la Sardegna? 
«Ho capito da subito che qui si vive con un grande legame per questi colori. E sono orgogliosi di poterli difendere».

Lei sembra l’anti-calciatore: non ama essere personaggio, non ha tatuaggi né orecchini o pettinature stravaganti… 
«Sono un ragazzo normale, che ama la famiglia e la sua passione per il calcio. Mi godo queste cose con mia moglie e i due bambini. Con qualche passeggiata al mare e il buon pesce che da noi in Uzbekistan non si mangia tanto perché preferiamo la carne di agnello». 

A proposito: come si trova un cittadino uzbeko così lontano da casa? 
«Cagliari è una bella città, con un bel clima e gente accogliente ma non invadente. Normale mi manchi casa mia, i miei amici e i parenti. Ma qui si gioca un calcio di alto livello, una Lega più forte rispetto a quella del mio paese. Dove il secondo sport più amato è la boxe».

Emozionato nel sapere di essere una sorta di eroe nazionale per le gesta con la selezione del suo paese? 
«Sono entrato nella storia della nazionale perché sono il giocatore che ha fatto più gol con quella maglia. Una bella emozione anche perché due zii hanno giocato in quella selezione prima di me. Vengo da una famiglia di calciatori e di questo sono orgoglioso».

E se non avesse fatto il giocatore? 
«Non avevo un piano B. È sempre stato il mio sogno fin da bambino e sinceramente non ho mai pensato a cos’altro avrei potuto fare nella mia vita». 

Fazio e compagni non sono riusciti a fermarla sabato scorso. A Monza un ostacolo in più potrebbe essere il digiuno dovuto al Ramadan? 
«No perché ormai sono abituato al digiuno intermittente, a svegliarmi prima del sorgere del sole, mangiare alle 5 del mattino e poi gestire le forze». 


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«Non posso dire dopo appena una partita se è tornato il vero Eldor Shomurodov. Ancora è troppo presto perché ci vorrà continuità, ma in questo momento sono felice». Si è lasciato alle spalle in un solo colpo, anzi in due, il lungo periodo negativo che durava fin dal suo arrivo in Sardegna. E ora il primo attaccante uzbeko della storia del Cagliari ha un solo pensiero in testa: salvare il club rossoblù

Si aspettava un impatto così difficile in questa avventura? 
«Più che altro mi aspettavo di giocare di più a inizio stagione. Ma la colpa è la mia perché non ero pronto. Soprattutto fisicamente. Sono arrivato con pochi allenamenti e ho avuto poco tempo a disposizione, Credevo di tornare in forma prima ma non è andata come pensavo».

Cosa non ha funzionato? 
«Immaginavo che la condizione arrivasse giocando e invece sono sceso in campo poche volte».

Ma contro la Salernitana qualcosa è cambiato… 
«Spero sia solo l’inizio. E ora voglio fare tutto quello che non ho potuto fare fino ad ora».

Mai pensato di mollare tutto e andar via a gennaio dopo l’infortunio? 
«Quando le cose non vanno bene, pensi un po’ a tutto. Ma devi cercare di cambiare subito mentalità e pensare positivo. Stare fuori era una sofferenza e mi dispiaceva non poter dare una mano alla squadra in un momento di difficoltà. Però parlavo con il direttore e con il mister che mi davano fiducia e mi dicevano che mi aspettavano tutti».

E ora eccola di nuovo al top. Merito di Ranieri? 
«Lui è riuscito a darmi più di tutti. Abbiamo un gruppo molto unito e anche i compagni sono sempre stati vicini, ma Ranieri ha saputo sollevarmi il morale. Toccando le corde giuste».


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