Fiorentina, non è il tempo dei processi

Fiorentina, non è il tempo dei processi© ANSA
Alberto Polverosi
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 Questo è il momento decisivo per la Fiorentina. Non per il campionato e nemmeno per la Coppa. È il momento decisivo per capire l’essenza di questa squadra che non segna e ora, a differenza di un anno fa, produce meno in attacco. È decisivo per le riflessioni che farà l’allenatore a metà di un ciclo serrato, nessuna squadra ha giocato quanto la Fiorentina in questo inizio di stagione. Riflessioni che dovrebbero nascere non solo per le scelte iniziali e i cambi in corsa, ma per l’impostazione che sta dando alla Fiorentina. Però su tutto e prima di tutto, occorre ragionare con freddezza. E visto che domani a Firenze arriva la Juve di Allegri, vale la pena rubare al tecnico ardenzino il suo slogan più caro: “Ci vuole della calma”. In toscano, “della halma”. Per favore, i processi più in là, questo non è proprio il momento.

La Fiorentina ha giocato 5 partite, le due più deludenti sono state quelle di Empoli (0-0 con 20' con un uomo in più e 12' con due uomini in più) e l’ultima, la sconfitta di Udine. La produzione offensiva è stata di due occasioni da gol al Castellani e una (Martinez di testa su calcio d’angolo) al Friuli. In queste due partite, la formazione è stata ribaltata quasi totalmente. Ecco, su un punto meglio mettersi d’accordo: il turn-over (ma il termine della nostra lingua “rotazione” rende ancora meglio l’idea) vale per 4-5 cambi fra una partita e l’altra, da 6-7 in su si deve parlare di rivoluzione provvisoria. Italiano è arrivato a 9 sia a Empoli che a Udine.

La questione non è tanto sul diverso livello tecnico piuttosto evidente fra Venuti e Dodo o fra Terzic e Biraghi, la questione è sull’insieme che stenta a riconoscersi e a percorrere le stesse dinamiche di gioco. L’esempio lampante, a Udine, è stato Mandragora: aveva il compito di dare tempi e idee, ma in partita non è mai entrato non trovando la posizione giusta fra lui e la coppia di difensori centrali che dava inizio alla manovra e fra lui e la coppia di interni a cui avrebbe appoggiato il gioco. Tant’è vero che a un certo punto è arretrato Barak proprio per dare un minimo di qualità all’azione dei viola. Quanto alla posizione dell’ex veronese si aprirà presto un’altra discussione: a Verona segnava (11 gol) e faceva assist (4) giocando molto più avanti rispetto alle prime due gare con la Fiorentina. Oggi ci sono due giocatori che non possono uscire dalla formazione titolare, se non quando sono stremati. Il primo è Milenkovic (merito del club che ha ottenuto il prolungamento del suo contratto), il secondo è Amrabat (merito di Italiano che lo ha inventato in quella posizione quando molti - noi compresi - pensavano che non fosse adatto). C’è poi un’ultima riflessione da inserire in un’analisi: in caso di necessità (come a Empoli e a Udine) si può andare in deroga al 4-3-3, si può tentare l’assalto finale con due centravanti. Anche gli integralisti della difesa a 3 (un nome: Mazzarri), quando avevano bisogno di rimontare toglievano un centrale e passavano alla linea a 4 per attaccare meglio e con più uomini. Anche Inzaghi, un fedelissimo del 3-5-2, se deve segnare nel finale rovescia in campo tutti gli attaccanti come ha fatto anche a Lecce. Si chiama elasticità

Adesso però è bene che la Fiorentina si riassesti. In Europa c’è arrivata, con pieno merito, questa squadra con questo allenatore e quasi nessuno ha l’esperienza di Coppa. Finora i viola hanno giocato tre volte a metà settimana, le difficoltà si sono viste, ma vanno aspettati perché hanno bisogno di tempo per capire, riflettere e adeguarsi ai nuovi ritmi di questa stagione.


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