Fiorentina-Inter, il bello degli opposti: numeri a confronto

Stessi punti e stessa differenza reti, ma in campo andranno due squadre diverse…
Alberto Polverosi
5 min
Stessi punti in classifica, stessa differenza-reti, stesso momento di grande forma, con l’Inter che delle ultime 12 partite ufficiali ne ha vinte 10 e pareggiate due e con la Fiorentina che ha una striscia di sette vittorie di fila in campionato, a un passo dal record storico (otto successi nel ‘59-60). Eppure sono due squadre distanti, meglio, sono due blocchi differenti, quasi opposti, fuori e dentro al campo.  

Siamo di fronte a un prodotto finito (l’Inter, ovviamente) e a un prodotto appena iniziato, da una parte un ciclo di successi, dall’altra un ciclo di crescita. Basterebbe riportare l’età media delle due squadre (se saranno confermate le formazioni della vigilia) per stabilire la prima netta differenza: la Fiorentina supera di poco i 25 anni, l’Inter va oltre i 29.  

I nerazzurri non hanno cambiato (si sono solo rinforzati) dall’anno scorso, i viola hanno ribaltato squadra e panchina per dare il via a un nuovo processo di sviluppo. La squadra campione d’Italia aveva vinto il suo penultimo scudetto con Antonio Conte nella stagione 2020-21, sono passati quattro anni e del gruppo del 19° sono rimasti dei pezzi pregiati ancora oggi, come Bastoni, Barella, De Vrij e Lautaro Martinez, tutti in campo dall’inizio contro la Fiorentina questo pomeriggio, oltre a Darmian; dalla stessa stagione, con Iachini, poi Prandelli, infine ancora Iachini sulla panchina viola (salvezza per un pelo), nella Fiorentina sono rimasti solo giocatori ora finiti in panchina come Terracciano, Biraghi, Martinez Quarta e Kouame. Se poi facciamo un salto al campionato scorso, quello della seconda stella interista, la squadra di Inzaghi è rimasta la stessa, quella di Palladino è cambiata per sette undicesimi. La continuità per restare ad alti livelli da una parte, il cambiamento per raggiungere gli alti livelli dall’altra. 
Prendiamo la vigilia degli allenatori. Palladino ha detto alla squadra di giocare questa partita con leggerezza, che non significa superficialità, ma cuore leggero e spirito libero; Inzaghi non può dire altrettanto e nemmeno pensarlo: altro che leggerezza, l’Inter ha l’obbligo di non perdere contatto dal vertice della classifica, il suo obiettivo dichiarato è lo scudetto. Passiamo ai centravanti. Lautaro Martinez è la certezza dell’Inter da sette anni (298 partite ufficiali e 135 gol), Kean è la scommessa (vinta) dalla Fiorentina da nemmeno sette mesi (15 partite ufficiali, 12 gol). Moise è la bella sorpresa di questo campionato, Lautaro, al contrario, sorprende perché sta segnando meno dell’anno scorso. L’argentino non ha più niente da dimostrare, la sua bacheca è piena di trofei, compreso il titolo di capocannoniere del campionato scorso; Kean ha tutto da dimostrare (e per ora ci sta riuscendo molto bene), dopo aver perso tanto tempo adesso sta correndo pure lui per il titolo di primo bomber della Serie A. 
A distanziare Fiorentina e Inter c’è anche un curioso aspetto tattico. La forza riconosciuta dei nerazzurri (già all’epoca di Conte) era la formidabile difesa a tre. Quando è arrivato Inzaghi, che già adottava lo stesso sistema con la Lazio, è rimasto giustamente nel solco. Palladino, appena messo piede a Firenze, ha impostato la difesa a tre e, dopo il primo periodo negativo (sia come risultati, sia come prestazioni) e dopo qualche suggerimento dallo spogliatoio, è passato da un tempo all’altro (contro la Lazio il ribaltone nell’intervallo) alla difesa a quattro, che per la Fiorentina ha significato un clamoroso balzo in avanti. In campionato, con la difesa a tre i viola avevano messo insieme tre pareggi e due sconfitte (compreso il primo tempo con la Lazio), con la difesa a quattro non hanno più perso, otto vittorie (compreso il secondo tempo con la Lazio) e un pareggio.  


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