MILANO - A quei tempi, ovvero il 28 maggio 2010, Messi non era quello acciaccato di adesso e, soprattutto, aveva una decina di anni in meno. Non che quello attuale non sia in grado di fare la differenza. Ma allora era il grande spauracchio, il pericolo pubblico numero uno. Soprattutto per un’Inter lanciata verso il Triplete che, con un pizzico di sorpresa, aveva battuto gli extratterrestri a San Siro con un incoraggiante ma non certo definitivo 3-1. Quel Barcellona e quel Messi, però, erano in grado di ribaltare tutto. Anzi, in Catalogna, davano già per scontata la remuntada. Solo che non avevano fatto i conti con Mourinho e con lo spirito dei suoi uomini.
La mossa di Mourinho che ha ingabbiato Messi
Lo Special One, infatti, aveva studiato una marcatura speciale per Messi. Non a uomo, ma mediante una sorta di gabbia, come poi ebbe modo di spiegare. «La chiave era di non lasciarlo giocare. E, per farlo abbiamo costruito una gabbia in cui Cambiasso, Zanetti, Motta erano tutti responsabili. Da lì, dovevamo essere compatti e non lasciare spazi». Poi, qualora l’argentino fosse riuscito a sgusciare, ci avrebbe dovuto pensare a Samuel a sbarrargli la strada.
Così, passando dalla teoria alla pratica, il piano di Mou funzionò quasi alla perfezione. Messi, infatti, si rese pericoloso soltanto in un’occasione, calciando dal limite verso l’angolino basso alla destra di Julio Cesar, che per respingere per quel pallone si esibì in una delle più straordinarie parate della sua carriera. I problemi nacquero quando l’Inter rimase in 10 dopo l’espulsione di Thiago Motta al 27’ del primo tempo. A quel punto. però, tutta la squadra nerazzurra si trasformò in un blocco di granito, cedendo solo al 39’ della ripresa su una magia di Piquè, un difensore… E la sconfitta di misura bastò per volare a Madrid.