La qualità di Inzaghi che aveva anche Sacchi

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La qualità di Inzaghi che aveva anche Sacchi© Inter via Getty Images
Ivan Zazzaroni
3 min

Ce l’aveva anche Sacchi la stessa notevole abilità nel preparare meglio di tanti altri le sfide decisive: non a caso ottenne più successi nelle coppe che in campionato. Le similitudini tra Arrigo e Inzaghi probabilmente finiscono qui: trovo tuttavia giusto evidenziare una qualità di Simone che soltanto i migliori possiedono. Nei giorni che hanno preceduto il derby ne ho sentite di ogni sulle scelte che l’interista avrebbe dovuto effettuare. Poi, come sempre, lui ha fatto di testa sua rispettando la programmazione che aveva studiato: il primo Milan l’aveva destinato a Dzeko, Calhanoglu e Mkhitaryan e così è stato, fuori Brozovic e Lukaku, ininfluenti le ultime prestazioni, la crescita dei due. Dzeko e Miki, 37 e 34, su tutti. Ho passato i primi venti minuti della partita a rispondere a amici e colleghi che seguono da tempo la Roma, rimasti fulminati dai lampi degli ex («gratis glieli hanno dati, altro che Fair Play Finanziario!»). Uno in particolare, veterano di mille battaglie, ha ricordato che la storia della Roma è piena di talenti lasciati partire da Trigoria per andare ad arricchire altri club e, appunto, vincere altrove: Alisson, Salah, Marquinhos, Pjanic, Benatia e non ultimo Rüdiger che martedì sera al Bernabeu ha annullato Haaland.

Un inizio scioccante

Scioccante l’inizio del derby, anche per via dell’atteggiamento del Milan - tutti uno contro uno a campo aperto, pochissimo equilibrio - e dei regali che la difesa di Pioli ha fatto a Inzaghi il pluriesonerato - ma solo sulla carta, su certa carta -: la marcatura di Calabria sul bosniaco (17 centimetri e parecchi chili a favore dell’interista) sull’angolo del primo gol ha lasciato perplessi, così come gli spazi che hanno favorito il contropiede del 2-0. Ammetto che subito dopo l’affollamento di emozioni e rimpianti, ho coltivato un pensiero malizioso e tutto mio: il Milan che nei quarti aveva potuto ricevere il Napoli privo dell’imprescindibile Osimhen, infortunatosi, si è ritrovato ad affrontare il primo dei due match senza lo scambiatore di calore e opportunità Leão: uno stiramento di lieve entità come nemesi, quante analogie anche sull’ipotesi del recupero-lampo. Non un atto di giustizia ritardata e trasversale, bensì una sfiga atomica che peraltro non è rimasta isolata. Il metronomo Bennacer è infatti durato poco più di un quarto d’ora. Superfluo aggiungere che il sostituto di Leão, Saelemaekers, non l’ha mai strusciata. Mi concedo una conclusione che non vuole essere antipatica, né amara, perché una in fondo la portiamo: la partita di San Siro, rispetto a quella di Madrid, è sembrata appartenere a un altro sport. Nessuna sorpresa: è la nostra realtà.


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