Thohir esclusivo: “Con me l’Inter è ripartita”

L’ex presidente nerazzurro ora è al vertice della Federazione indonesiana: vuole portare il calcio del suo Paese tra i primi 15 posti del mondo
Thohir esclusivo: “Con me l’Inter è ripartita”© Getty Images
Pietro Guadagno 

L ’ Indonesia ha appena battuto 2-0 l’Arabia Saudita nel Gruppo C delle qualificazioni asiatiche al Mondiale 2026. Sulle tribune del Gelora Bung Karno Sports Arena a Giacarta, a festeggiare, c’è anche Erik Thohir, ex-proprietario dell’Inter e da quasi due anni (febbraio 2023) presidente della Federcalcio. I 3 punti aiutano ad archiviare la recente sconfitta con il Giappone, ma soprattutto alimentano il sogno di arrivare alla rassegna iridata. Sarebbe il coronamento del progetto di Thohir, appena cominciato, ma destinato a proseguire a lungo, a prescindere da come andranno a finire le qualificazioni.

Mister Thohir cosa vorrebbe dire per l’Indonesia conquistare il Mondiale?

«Sarebbe incredibile. Negli ultimi mesi la passione per il calcio qui non è mai stata così alta. Credo sia sotto gli occhi di tutti come la Federazione stia lavorando duro, per portare avanti un programma efficace e solido. Non ci sono mai stati tanti tutto esaurito consecutivi. Ci sono sponsor di ogni campo intenzionati a collaborare, verranno raddoppiati i ricavi dei diritti tv. La nazionale ha accesso e coinvolto l’interesse di tutti».

Già, ma la partenza qual è stata?

«L’Indonesia è un gigante che dorme. Nonostante un elevato potenziale, in passato il calcio non è stato gestito nella maniera corretta, con professionalità e trasparenza. La svolta è arrivata dopo la tragedia allo stadio Kanjuruhan (135 morti come conseguenza degli scontri sugli spalti, ndr) nel 2022. In quel momento mi è stato chiesto di diventare presidente della Federazione. Una volta avuto l’incarico, ho lavorato perché ci fossero coesione e intesa».

A che è punto il lavoro?

«Tutto è iniziato dalle rappresentative nazionali. Abbiamo voluto creare, allo stesso, tempo una base e una speranza. E’ la prima volta che l’Indonesia ha tutte le squadre giovanili, Under 17, Under 20 e Under 23 qualificate per l’Asia Cup e tutte hanno la possibilità di qualificarsi al Mondiale. Puntiamo a continuare ad alzare l’asticella: prima i campionati del Sud Asia, poi le Olimpiadi e quindi il Mondiale. Per arrivare nelle Top 16 in Asia avevamo bisogno di tempo, ma sono convinto che, continuando così, possiamo arrivare alle prime 9. Io, però, ho anche una visione a lungo termine. Così, ci siamo dati l’obiettivo che, nel 2045, ovvero tra vent’anni, l’Indonesia sia tra le prime 15 nazionali al mondo».


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La differenza, per la crescita della nazionale maggiore, la stanno facendo le naturalizzazioni. L’impegno per il reclutamento è stato determinante?

«Se guardiamo ai numeri, l’Indonesia, per numero di calciatori in Europa, è sul podio. Il Giappone è primo, poi forse c’è la Corea. La nostra scelta è stata quella di coinvolgere elementi che avessero sangue indonesiano, grazie ai genitori o i nonni. Piuttosto che dare semplicemente la cittadinanza a chi giocava nel nostro campionato. Ma non è finita qui. A livello globale, c’è ancora tanto da esplorare per aiutare l’Indonesia a proseguire il suo percorso. Abbiamo costruito questa squadra in 4-5 mesi ma dobbiamo spingere ancora più forte».

L’Olanda, che in passato aveva colonizzato l’Indonesia, è il bacino più importante. Grandi giocatori orange avevano origini olandesi: Van Bronckhorst, Van Persie, Makaay.

«Sarebbe bello se ci dessero una mano. Io sono aperto a qualsiasi possibilità».

Sempre a proposito di Olanda, ora c’è un altro indonesiano, Tijiani Reijnders, che sta facendo molto bene con il Milan.

«E’ il più forte in questo momento. E’ sicuramente molto indonesiano, ma ormai fa parte dell’Olanda. Con noi, però, c’è suo fratello Eliano».

Mentre in serie A, del gruppo dei naturalizzati, c’è Jay Idzes che gioca nel Venezia?

«E’ il nostro capitano, è un vero leader, dalla grande personalità. E ovviamente è anche un ottimo giocatore».

In serie A, c’è anche una proprietà indonesiana: il Como. Conosce i fratelli Hartono? Vi siete scambiati esperienze?

«Spero che il Como resti in serie A. La famiglia Hartono è molto seria. Hanno un management top, al pari l’allenatore, Fabregas. A questo punto, spero che prendano più giocatori indonesiani… Peraltro, anche il Lecce ha un socio indonesiano (Alvin Sariaatmadja, ndr). Non posso che augurarmi quanto prima una connessione tra i due paesi».

Nel Como gioca Audero, è stato fatto un tentativo anche con lui?

«In verità, non ne abbiamo ancora discusso. Anche se ci siamo incontrati in più di un’occasione a Milano. Conosco anche la sua famiglia. Se ha fiducia nel nostro programma, allora certamente potremo approfondire il discorso».


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Essere stato proprietario dell’Inter, l’ha aiutata per il ruolo di presidente della Federazione?

«Senza dubbio. Sono stato proprietario anche di due squadre indonesiane, del Dc United nella Mls, e adesso dell’Oxford United nella Football inglese. Ma l’Inter è qualcosa di completamente diverso. E’ un club leggendario».

Ci fosse una nuova occasione di acquistare una squadra italiana ci penserebbe?

«E’ capitato che qualche tifoso mi chiedesse di tornare in Italia. Ma non potrei mai farlo. Amo troppo l’Inter. Il legame è troppo forte. Sono sempre un tifoso e seguo tutti i risultati».

Allora, ha festeggiato anche per lo scudetto?

«Sì sono stato contentissimo».

Rispetto ad ora, la situazione era molto diversa quando ha acquistato il club da Moratti.

«L’ho detto fin dall’inizio. Sono arrivato per aiutare l’Inter a crescere e a ritornare in alto. Magari qualcuno avrebbe potuto mirare subito alto, ma io conoscevo bene la situazione ed era necessario recuperare innanzitutto. La sostenibilità finanziaria era fondamentale. Alla riprova dei fatti e delle promesse che avevo fatto allora, dopo 5 anni, l’Inter è tornata a giocare in Champions League. E avrebbe potuto arrivarci anche prima, quando c’ero io, se le squadre italiane qualificate fossero state 4 e non 3. Voglio aggiungere un’altra cosa».

Prego…

«La serie A ha bisogno di cambiare. Già ai miei tempi spingevo perché si guardasse anche ai mercati esteri, e in particolare a quello asiatico. E’ successo, ma è durato solo un paio d’anni. Poi si è tutto fermato. L’economia globale si sta spostando verso l’Asia. Con me, l’Inter ha iniziato la sua espansione verso gli Usa e, appunto, l’Asia. Non a caso, c’è stato subito un aumento ricavi commerciali».

Sa che l’Inter vuole costruire il suo nuovo stadio insieme a al Milan?

«Sì ne ho parlato anche Gerry Cardinale, quando ci siamo incontrati di recente qui a Giacarta. Gli ho detto che la strada giusta è proprio di fare il nuovo impianto insieme. E sarà un bene anche per la serie A. All’epoca ne avevo discusso pure io con Barbara Berlusconi, che però ha poi voluto proseguire da sola (per poi rinunciare, ndr). Così, avevo provato a chiedere al sindaco di Milano di avere San Siro per l’Inter, ma ho dovuto fermarmi davanti alla complessità di leggi e regolamenti».

E’ ancora in contatto con qualcuno del mondo Inter?

«Si, ho anche incontrato Massimo Moratti l’ultima volta che sono stato a Milano».

E Piero Ausilio? Era dirigente allora e lo è ancora.

«Me lo saluti, visto che non ci sentiamo da tempo. Sono stato io a nominarlo direttore sportivo. Ho sempre pensato che fosse un valido manager. E lo sta dimostrando».

Steven Zhang, invece?

«Ho perso i contatti. Quando ho lasciato la presidenza della società, ho preferito anche lasciargli campo libero, evitando di interferire».

Ha saputo del modo in cui ha “perso” l’Inter?

«Sì l’ho letto sui giornali. Dico solo che ai miei tempi, il debito del club era solo di 160 milioni, mentre ora è molto più alto».

Ha un preferito nell’Inter di adesso? Un nuovo Nicola Ventola…

«Certo che c’è. Ma prima voglio spiegare perché avevo fatto il nome di Ventola. Non avevo detto che era il mio preferito, ma, soltanto, che conoscevo anche lui tra tutti i giocatori nerazzurri della storia. Sarebbe stato troppo semplice indicare uno dei tanti grandi campioni che tutti ricordano. Oggi, quindi, faccio il nome di Dimarco. Ai miei tempi era solo un ragazzo delle giovanili, adesso è diventato o ra uno dei migliori della squadra. Avrei potuto citare Lautaro Martinez, ma sarebbe stato troppo facile».

Allora la “sua” Inter rivincerà lo scudetto?

«Come tutti i tifosi, anche io voglio vincere ad ogni occasione. L’Inter è ancora la più forte. Ha giocatori straordinari, come Lautaro, appunto, Thuram, Barella e Bastoni, oltre a Dimarco. Attenzione, però, alle altre grandi, che stanno tornando: Juventus, Milan e Napoli. Sarà un campionato combattuto»


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L ’ Indonesia ha appena battuto 2-0 l’Arabia Saudita nel Gruppo C delle qualificazioni asiatiche al Mondiale 2026. Sulle tribune del Gelora Bung Karno Sports Arena a Giacarta, a festeggiare, c’è anche Erik Thohir, ex-proprietario dell’Inter e da quasi due anni (febbraio 2023) presidente della Federcalcio. I 3 punti aiutano ad archiviare la recente sconfitta con il Giappone, ma soprattutto alimentano il sogno di arrivare alla rassegna iridata. Sarebbe il coronamento del progetto di Thohir, appena cominciato, ma destinato a proseguire a lungo, a prescindere da come andranno a finire le qualificazioni.

Mister Thohir cosa vorrebbe dire per l’Indonesia conquistare il Mondiale?

«Sarebbe incredibile. Negli ultimi mesi la passione per il calcio qui non è mai stata così alta. Credo sia sotto gli occhi di tutti come la Federazione stia lavorando duro, per portare avanti un programma efficace e solido. Non ci sono mai stati tanti tutto esaurito consecutivi. Ci sono sponsor di ogni campo intenzionati a collaborare, verranno raddoppiati i ricavi dei diritti tv. La nazionale ha accesso e coinvolto l’interesse di tutti».

Già, ma la partenza qual è stata?

«L’Indonesia è un gigante che dorme. Nonostante un elevato potenziale, in passato il calcio non è stato gestito nella maniera corretta, con professionalità e trasparenza. La svolta è arrivata dopo la tragedia allo stadio Kanjuruhan (135 morti come conseguenza degli scontri sugli spalti, ndr) nel 2022. In quel momento mi è stato chiesto di diventare presidente della Federazione. Una volta avuto l’incarico, ho lavorato perché ci fossero coesione e intesa».

A che è punto il lavoro?

«Tutto è iniziato dalle rappresentative nazionali. Abbiamo voluto creare, allo stesso, tempo una base e una speranza. E’ la prima volta che l’Indonesia ha tutte le squadre giovanili, Under 17, Under 20 e Under 23 qualificate per l’Asia Cup e tutte hanno la possibilità di qualificarsi al Mondiale. Puntiamo a continuare ad alzare l’asticella: prima i campionati del Sud Asia, poi le Olimpiadi e quindi il Mondiale. Per arrivare nelle Top 16 in Asia avevamo bisogno di tempo, ma sono convinto che, continuando così, possiamo arrivare alle prime 9. Io, però, ho anche una visione a lungo termine. Così, ci siamo dati l’obiettivo che, nel 2045, ovvero tra vent’anni, l’Indonesia sia tra le prime 15 nazionali al mondo».


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