© LAPRESSE Parola di Cristian
«Siamo felici del nostro lavoro, poi credo che la realtà del campo sia diversa da quella raccontata. Siamo consapevoli che dobbiamo aggiungere qualcosa dal punto di vista dell’attenzione, della qualità, del divertimento. Nonostante quello che si diceva stiamo facendo una grande stagione, con alti e bassi, e cerchiamo di toglierci i bassi. Ma siamo fiduciosi perché stiamo lavorando tanto e i risultati si vedono in campo».
Parola di Cristian, sempre sia Lautaro.
«Io chiedo tante cose ai miei, poi è la loro percezione che conta. Loro hanno voglia. Siccome siamo partiti sempre sotto la lente d’ingrandimento perché dicevano che eravamo falliti, noi siamo lì con la determinazione. Il gruppo si è sempre messo in gioco e non era scontato dopo quest’estate. Sappiamo anche noi di avere margini di miglioramento, ma noi dall’inizio non abbiamo mai voluto perdere l’identità del gruppo, quella che è stata la voglia e la fame di essere determinanti in Serie A e in Europa. Direi che siamo sulla strada giusta e mi fa piacere che possiamo ancora migliorare».
Parola di Cristian, sempre sia Lautaro.
«Non ho sassolini nelle scarpe, ma bisogna parlare della realtà dei fatti. È da vent’anni che sono in questa società, le aspettative sull’Inter sono diverse, le pressioni sono tante perché bisogna sempre vincere ed è giusto così. Io non valuto solo una vittoria e una sconfitta nel nostro percorso di crescita, non mi piacciono le etichette, secondo me all’Inter se ne mettono troppe».
Parola di Cristian, sempre sia Lautaro. Amen.
Ripete “noi”, siamo, stiamo, facciamo, speriamo. Cristian Chivu è al plurale eppure a Monaco non c’era. Stava ancora aspettando che il Parma gli facesse un’offerta migliorativa delllo stipendio per meriti acquisiti sul campo.
Chivu è complice dei suoi, si assume anche responsabilità e sconfitte che non ha. Sa bene che la complicità non ti lega. Ti stringe. Tra gli allenatori delle squadre da (teorico) scudetto, è l’unico a non aver ancora vinto nulla. Nel nuovo ruolo, ovviamente.
I suoi avversari si chiamano Conte, Allegri, Spalletti, tre volpi e nemmeno troppo vecchie. Vorrei tanto aggiungere Italiano, ma so bene che si tratterebbe di un’esagerazione.
Da tecnico Chivu compirà un anno il 18 febbraio, ma si muove con la disinvoltura dei grandi, dopo aver assimilato il meglio da calciatore.
Non sono un appassionato della comunicazione degli allenatori, mi intrigano soltanto Mourinho, l’unico erede di Brian Clough, e naturalmente Bielsa, Velasco, De Giorgi e Ettore Messina.
Per chi è condannato a vincere l’unica comunicazione efficace è il successo, sono i titoli. Tutto il resto è folclore e materia per semiologi un tanto al chilo e cultori del verba volant. Solo i titoli manent.
