Linus: «Lascio Twitter, troppi insulti dagli juventini»

Il deejay, tifoso bianconero, si sfoga sul suo blog contro gli haters: «Colpa degli ultrà della generazione Facebook: mi rinfacciano parole su Moggi e Allegri. Ragazzi, è solo calcio»
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TORINO - «Chiudo il mio profilo su Twitter "grazie" a un piccolo ma agguerrito gruppo di ultrà juventini che hanno evidentemente deciso di usarmi come la loro bambola vudù». Il messaggio che fa riflettere è di Pasquale Di Molfetta, il Linus di Radio Deejay, che ha spiegato sul suo blog i motivi della scelta di chiudere l'account Twitter personale. Lui, juventino, se ne va in polemica con un piccolo gruppo di tifosi bianconeri, di haters. Ecco perché. «I tifosi della Juve - si legge nel suo diario - sono oltre dieci milioni e con il 99% di loro ho un rapporto bellissimo. Lo vedo quando vado allo stadio (che peraltro ho inaugurato io), lo leggo sui messaggi che tutti i giorni mi arrivano, l’ho provato a Berlino, passeggiando per due giorni in mezzo a migliaia di loro. Ma di questi tempi bisogna fare i conti con gli ultrà della generazione Facebook, quelli che si autoalimentano fino a far diventare gigantesche delle cose inutili. La genesi di questa follia è legata a due momenti. Juventus-Roma di un anno e mezzo fa. Nello speciale di Sky, alla domanda di cosa ne pensassi della vicenda Moggi e Tangentopoli, ho detto (e ci sono le registrazioni) semplicemente che con la squadra pazzesca che avevamo non capivo il bisogno dell’arroganza che usciva dalle intercettazioni. Punto. E sfido chiunque a mettermi in bocca altro. L’altra è la vicenda Allegri. Vivendo a Milano, era per me consuetudine incontrarlo in giro per ristoranti in compagnia di Galliani, come una vera ed affiatata coppia di amici. Milanisti. Molto milanisti. Vederlo arrivare sulla panchina di Conte, di cui (come tutti gli juventini) ero perdutamente innamorato, mi sembrò quasi una bestemmia. Da qui la provocazione delle “dimissioni” da tifoso. Ho avuto abbondantemente modo di ricredermi su Allegri, e l’ho detto in mille circostanze. Riassumendo, il primo era un parere in un’intervista, niente di più. La seconda una provocazione da tifoso innamorato dell’integrità dei suoi colori. Sfido chiunque, tra quelli che mi hanno aggredito, a guardarsi allo specchio e chiedersi se nella loro lunga carriera di tifosi non hanno mai contestato, insultato o fischiato un giocatore».

GLI INSULTI - «Io mi sono preso la mia montagna di m... in questo anno e mezzo - continua Linus - e me la tengo. Mi servirà da lezione la prossima volta che mi capiterà di fare una dichiarazione. Sarebbe bello che anche qualcuno di voi avesse la lucidità di dire ok, basta, finiamola qui. Ma sarà difficile che accada, perché la vita digitale non è la vita reale. Vi racconto un episodio: Berlino, la mattina prima della finale. Porta di Brandeburgo, decine e decine di migliaia di tifosi blaugrana e bianconeri. Io e Filippo ci passeggiamo in mezzo, tranquilli. Ogni tanto qualcuno mi riconosce, ci facciamo una foto, buttiamo lì un pronostico. A un certo punto un tifoso, mentre mi faccio una foto con un suo amico, mi sussurra in mondo vagamento aggressivo, “ma tu non eri quello che si era dimesso?”. Lo guardo, lo abbraccio, e gli dico “ma tu non hai mai detto una cazzata in vita tua?”. Lui si mette a ridere e ci facciamo una foto. Ragazzi, è solo calcio. Se volete fare pace sono qui», è l'amaro sfogo del deejay.


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