Cristiano Ronaldo e il messaggio irresponsabile e arrogante sul tampone rimosso

Definire il test una cazzata, nel contesto di una pandemia planetaria che purtroppo sta piegando anche buoni esempi e buone pratiche, è il segno tangibile di un distacco dalla realtà che si nutre di impunità e di arroganza
Cristiano Ronaldo e il messaggio irresponsabile e arrogante sul tampone rimosso
Francesco De Core
3 min

Il tampone è una cazzata: firmato Cristiano Ronaldo. La lapidaria sentenza di CR7, affidata come di consueto al tribunale dei social prima di essere frettolosamente rimossa, chiude la catena di quindici giorni di messaggi dal buen retiro dove il campione sta scontando la “pena” della quarantena da positivo. Si sente bene, benissimo. È asintomatico, suda sulla cyclette e si allena ingabbiato ma con la stessa lena dei giorni senza virus. Avrebbe voluto sfidare Messi, avversario di pallone e di stile da oltre un decennio. Non ha potuto farlo, e dunque ha sofferto. Il nodo del contendere, però, è un altro. Ed è una questione che pare non sfiorare minimamente Ronaldo, che del mondo del calcio è massima espressione e dunque simbolo, avvertendo di questa condizione il privilegio dei diritti e non il peso dei doveri.

Definire il tampone una inezia, nel contesto di una pandemia planetaria che purtroppo sta piegando anche buoni esempi e buone pratiche, è il segno tangibile di un distacco dalla realtà che si nutre di impunità e di arroganza, non del senso di responsabilità che pure dovrebbe muovere le azioni (in campo e fuori) di Ronaldo. Si potrà obiettare: Cristiano è un calciatore, non un politico né uno scienziato. E’ però un atleta da oltre 240 milioni di follower su Instagram, il personaggio più seguito del pianeta. Due parole sue possono smuovere montagne, ben più di una raccomandazione di un virologo o dei provvedimenti di un capo di governo.

Ronaldo chiede di vivere secondo regole autarchiche, da monarca quale crede di essere. Si rivolge in maniera sprezzante al rappresentante dello Stato che lo ospita (il ministro Spadafora) solo perché quest’ultimo si era permesso di criticare il suo comportamento in violazione di una norma (l’uscita anticipata dalla bolla Juve per raggiungere il Portogallo); decide che il Covid è poca cosa solo perché lui (fortunatamente, per carità) gode di ottima salute mentre il mondo intero arranca, non sapendo quali misure sperimentare oltre il lockdown, aspettando la panacea del vaccino.

Verrebbe da chiamarla la irresponsabilità dei numeri primi. Poi, però, vengono a mente le parole di qualche giorno fa (e purtroppo sembrano distanti un secolo) di un ragazzo come Marco Verratti, che in Nazionale aveva lanciato un appello ai giovani come lui: «La pandemia ci impone di fare attenzione, bisogna evitare le feste e diminuire il numero delle uscite per tutelare la salute dei familiari». La responsabilità (Verratti) contro l’impunità (Ronaldo): a prescindere degli esiti, c’è ancora qualcuno che nel calcio, in piena tempesta, dimostra di avere un’anima,


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