Juve-Milan, nessuno è perfetto

Finisce 1-1 a Torino ma, contro i rossoneri senza bussola e incapaci di pungere, i bianconeri avrebbe potuto e dovuto osare di più
Juve-Milan, nessuno è perfetto© Juventus FC via Getty Images
Alessandro Barbano
4 min

La Juve che il Milan riacciuffa e mette alle corde nel finale non è una squadra che può vincere il campionato. Anche se Chiellini e Bonucci regolano i loro passi come le lancette di un cronografo svizzero, anche se Dybala rimette la calamita al piede, anche se Morata s’invola per cinquanta metri senza farsi raggiungere da un velocista come Theo Hernandez, anche se Danilo e Alex Sandro sono gli esterni che tutti vorrebbero, anche se, da ultimo, Cuadrado fa quello che abitualmente fa. Non puoi vincere il campionato con un centrocampo che continua a essere un’incompiuta, in cui manca un leader, che Bentancur non è, in cui sei costretto a far giocare l’intera gara a modesti rincalzi come Rabiot, che corre senza costrutto sulla mediana, divora due occasioni e guarda impassibile Rebic trafiggere la porta di Szczesny, come se la copertura non fosse occupazione che lo riguardi. Non puoi vincere se, anziché consolidare il vantaggio, ti fai raggiungere da un Milan sempre all’attacco ma evanescente, stremato dalla trasferta di Liverpool, dove chi avanza sulla trequarti comunica all’avversario la sensazione di non sapere mai bene che cosa fare.

Certo, Ibrahimovic e Giroud sono in infermeria, e se scegli - come ha fatto il club rossonero - di puntare su due vecchietti, devi mettere in conto di scoprirti davanti leggero e impalpabile. Tanto da non avere una sola vera occasione da gol fino all’impresa dell’attaccante croato. Che rimette il Milan in gioco, ispirando dieci minuti finali di euforia. Questo per dire che nessuno è perfetto in questa serie A postpandemica. Neanche due tra le big ritenute più attrezzate, come Milan e Juve. E, probabilmente neanche le rimanenti cinque delle sette sorelle indicate alla vigilia come quelle capaci di fare la classifica. Una delle quali, il Napoli, stasera può salire in cima da sola se vince a Udine. La differenza la farà la gestione dei punti di debolezza. Per i quali né la Juve né il Milan hanno dimostrato di avere una terapia valida. Perché dopo il gol di Morata Allegri si è contentato di difendere il vantaggio, arroccandosi nel fortino presidiato dai due collaudatissimi centrali, tenendo il baricentro del gioco nella propria metà campo, e continuando a rimettere l’aspettativa del raddoppio nelle ripartenze di Morata e Dybala, sfiancati dalla fatica man mano che la gara andava avanti.

Contro un Milan senza bussola e incapace di pungere, una squadra come la Juve avrebbe potuto e dovuto osare di più. La pressione dei rossoneri è cresciuta nel secondo tempo, quando Leao ha preso a spingere sulla sinistra, limitando le occasioni per Cuadrado e Danilo di uscire dall’assedio sulla fascia destra. Ma se Rebic non avesse schiacciato con perfetto tempismo il pallone nella porta di Szczesny, approfittato della distrazione di Rabiot, la Juve avrebbe brindato alla sua sparagnina vittoria. Sarebbe stato uno di quei brindisi che ubriacano e illudono. Il pari mette invece Allegri di fronte alla cruda realtà di un deficit che forse solo il mercato invernale può colmare. Ma gennaio è lontano.

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