Juve, il vero Di Maria per fare il miracolo

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Juve, il vero Di Maria per fare il miracolo© Juventus FC via Getty Images
Xavier Jacobelli
4 min

TORINO - Mai la Juve aveva perso le prime due partite nella fase a gironi della Champions League. Basta questo precedente per comprendere quanto i bianconeri non possano sbagliare né l’odierna né le prossime tre gare del Gruppo H. Il Maccabi Haifa comanda il campionato israeliano, ma sinora, come la Juve, è stato vaso di coccio tra i vasi di ferro Psg e Benfica, in volo a punteggio pieno.


La vittoria su un Bologna piccolo piccolo, in crisi di gioco e di risultati, ha avuto il merito di rasserenare la squadra e l’ambiente bianconero, scossi dalla falsa partenza stagionale e dalla tempesta di critiche martellanti anche durante la sosta. Tuttavia, Allegri per primo non si illude che, d’incanto, il peggio sia passato. La Juve ha bisogno di una serie di vittorie consecutive per rialzare la testa: in campionato, dove sette punti di distacco da Napoli e Atalanta sono già tanti e non possono diventare troppi; in Champions, per cercare la qualificazione agli ottavi, oggi ancora teoricamente possibile e apparentemente impossibile. Senza contare, in caso di traguardo fallito, le pesanti ricadute sul bilancio di un club che, il 23 settembre scorso, ha denunciato il quinto passivo consecutivo, il peggiore della serie: 254,3 milioni di euro. Dopo i primi due turni, la Juve si è vista sfuggire un guadagno potenziale di 5,6 milioni potenziali che avrebbe intascato, se avesse vinto: oggi sa che, se restasse fuori dagli ottavi, perderebbe almeno 30 milioni e non se lo può permettere.

Dopo la sconfitta con il Benfica, Perin aveva avvertito quanto la squadra credesse ancora nella qualificazione, sebbene fosse consapevole di non essere più padrona del proprio destino, anche nel caso in cui totalizzi 12 punti nelle 4 gare da giocare. La Serbia ha restituito Vlahovic e Kostic caricati a pallettoni, lo si è visto contro il Bologna e sarebbe un vero peccato se l’affaticamento muscolare che affligge Milik impedisse di scendere in campo al polacco, lui che, da quando è bianconero, è andato in gol ogni 93 giocati. Un rendimento diametralmente opposto a un altro calciatore particolarmente atteso alla prova: Angel Di Maria. Sinora, il suo apporto alla causa è risultato pressoché nullo, financo irritante per il modo in cui l’argentino si è fatto buttare fuori a Monza, beccandosi le due giornate di squalifica che gli costeranno pure l’assenza contro il Milan.

Come Pogba, Di Maria è stato preso dalla Juve per fare il salto di qualità in Champions League, un tabù che da ventisei anni i bianconeri tentano inutilmente di infrangere. Da un campione del Sudamerica di questa levatura, ci si aspetta sia finalmente l’uomo in più, dopo essere stato l’uomo in meno, anche a causa degli acciacchi. Sinora, Di Maria ha collezionato 4 presenze e 1 gol in campionato, 32 minuti e nessun gol in Champions. Troppo poco, per un calciatore inseguito, blandito, corteggiato per un’estate intera. "La Juve è casa mia, una grande famiglia", ha dichiarato l’ex Psg nei giorni scorsi, ricolmando di elogi il club e i compagni per scacciare le malignità che lo vorrebbero con il pensiero già più rivolto al Qatar che a Torino. Il Maccabi offre a Di Maria l’occasione per dimostrare che prima viene la Juve. Almeno sino al 13 novembre.


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