Juve, la frattura e l'esito inevitabile

Juve, la frattura e l'esito inevitabile© ANSA
Alessandro F. Giudice
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Il terremoto che azzera il CdA della Juve è l’esito inevitabile di un percorso che ha reso la posizione dei singoli consiglieri incompatibile con l’incarico. Non poteva bastare il rinvio al 27 dicembre dell’assemblea per l’approvazione del bilancio, inevitabile dopo che il revisore Deloitte aveva deciso di non certificare la bozza contestata da Consob e procura. Il 20 novembre la società aveva annunciato la rettifica degli ultimi tre bilanci per incorporare l’applicazione dei principi contabili ritenuta corretta dalla Consob e interpretata dalla Juve in maniera difforme.
Agnelli non si dimise a caldo, quando la procura comunicò la chiusura delle indagini a carico suo, di Nedved, del Ceo Arrivabene, di dirigenti, legali e revisori. In quella fase, dietro la tradizionale fiducia espressa nei confronti della magistratura, la Juve aveva fatto quadrato nonostante l’indiscrezione sulle misure cautelari, addirittura richieste dal pm ma respinte dal gip. E forse avrebbe fatto quadrato pure ieri. Cos’ha fatto improvvisamente precipitare gli eventi? Domenica Agnelli presiedeva un convegno allo Stadium sull’under 23 e i settori giovanili, coi vertici del calcio italiano (Gravina in testa). Né il body language né le dichiarazioni lasciavano presagire un esito del genere. La sensazione, dalla lettura del comunicato, è che abbiano preso l’iniziativa i consiglieri indipendenti, preoccupati dalle complicazioni giudiziarie e chiaramente a disagio nel sostenere una gestione così coinvolta in una controversia di cui si fatica a ipotizzare la conclusione.

Nell’ultima pagina del comunicato diffuso dal club si coglie un passaggio cruciale: le dimissioni della consigliera indipendente Daniela Marilungo, membro del Comitato interno di Controllo dei Rischi. Nelle società quotate, i comitati interni svolgono un ruolo importante e richiedono la presenza dei consiglieri indipendenti, cioè quelli non collegati a nessuno degli azionisti rilevanti, da cui ci si attende maggiore distacco nella valutazione di certi temi. Perché si dà atto separato delle dimissioni di Marilungo, nonostante sarebbero poi state superate dalla cessazione di tutto il CdA? Vi è stata forse una specifica richiesta di verbalizzazione? Marilungo, che non è indagata, si è dimessa « sostenendo l’impossibilità di esercitare il proprio mandato con la dovuta serenità e indipendenza anche, ma non solo, per il fatto di ritenere di non essere stata messa nella posizione di poter pienamente agire informata » . Cioè di essere stata impossibilitata a svolgere le sue funzioni di consigliere di amministrazione da un management che - sostiene non troppo velatamente - non le ha trasmesso tutti i documenti con la dovuta trasparenza. Un’affermazione seria, che il CdA ha registrato dichiarando di non condividerla: segno di una frattura che deve aver coinvolto molti consiglieri se poi è venuta meno la maggioranza dell’organo collegiale. A quel punto, la decadenza dell’intero consiglio è divenuta inevitabile perché lo Statuto della società (articolo 13) la rende automatica in caso di cessazione della maggioranza. I provvedimenti assunti dal CdA sono indicativi della direzione imboccata. Da un lato, Arrivabene mantiene la carica di AD, assicurando la continuità operativa. Nel vertice bianconero ha una posizione alleggerita dal fatto di avere ricevuto le deleghe solo a fine giugno 2021 quando la maggior parte dei fatti contestati aveva già avuto luogo. Inoltre, la nomina di Scanavino è una chiara assunzione di controllo dell’azionista di maggioranza perché Scanavino è il Ceo del gruppo editoriale Gedi, uomo Exor, una carriera in Fiat. Stanotte si è chiusa l’era di Andrea Agnelli alla guida della Juve. Un ciclo costellato di vittorie ma terminato nella maniera più controversa e meno gloriosa che si potesse immaginare. Da domani, nulla sarà come prima: la Juve avrà un altro presidente che sarà nominato insieme a un nuovo CdA e un management profondamente rinnovato. Certamente anche un nuovo piano industriale e uno stile di gestione in totale discontinuità con l’ultimo decennio.


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