Plusvalenze Juve, i nuovi elementi dell’indagine Prisma

Una delibera della Consob tra i documenti che non erano accessibili agli 007 della Figc: nel mirino della Procura Federale il modus operandi del club bianconero
Plusvalenze Juve, i nuovi elementi dell’indagine Prisma© Getty Images
Ettore Intorcia e Edmondo Pinna
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Tra i documenti che all’epoca non erano accessibili agli 007 della Figc c’era la delibera della Consob ex art. 154 comma 7 TUF n. 22482 del 19 ottobre 2022, un documento che «ha certamente rilevantissima valenza avendo portato l’Autorità di Vigilanza sulle società quotate a stabilire, tra l’altro in relazione alla contabilizzazione di plusvalenze fittizie realizzate nelle operazioni di scambio, la non conformità dei Bilanci della Juventus alle norme che ne regolano la formazione». La Consob aveva contestato alla Juve che, tra gli altri, i bilanci contestati non erano conforme al Principio Contabile IAS 38 relativo alle “attività immateriali”. Quali, appunto, i contratti dei calciatori. Il riferimento è in particolare al modo di contabilizzare le operazioni a specchio che non muovono soldi ma generano plusvalenze.

Elementi nuovi e il modus operandi

Per la Procura Federale, emergono nuovi elementi dall’indagine Prisma della Procura di Torino e dall’attività della Consob, elementi che «confermano – su un piano probatorio oggettivo – le condotte dei deferiti finalizzate alla manipolazione dei prezzi, per fini di bilancio, stabiliti dalle parti nelle transazioni incrociate. Essi dimostrano, in maniera plastica, l’esistenza di un sistema, di una organizzazione, di una programmazione di budget di compravendita di calciatori effettuate non per motivi tecnici ma per ragioni esclusivamente collegate all’esigenza di conseguire, mediante artifizi, determinate risultanze economico-finanziarie». Per la Procura Figc c’è un modus operandi «attraverso il quale i Dirigenti della Juventus intenzionalmente programmavano e concludevano operazioni di scambio di diritti con altre squadre, italiane o estere, al solo fine di creare plusvalenze, secondo importi prestabiliti e programmati che nulla avevano che vedere con una concreta valutazione del bene compravenduto, tali da determinare valori non veridici di bilancio». Per Chinè, in sostanza, i nuovi elementi superano anche la famosa questione sull’impossibilità di attribuire in maniera certa il valore a un calciatore. La Procura Federale non aveva potuto «sottoporre alla valutazione degli organi giudicanti indizi gravi, precisi e concordanti idonei a confermare i profili di illiceità contestati nel deferimento. È convinzione di questo Ufficio che tali elementi, se conosciuti, avrebbero potuto - e dovuto - corroborare il quadro accusatorio fornendo una rappresentazione idoneamente riscontrata del contesto nel quale le operazioni de quibus sono state attuate»


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