Juve, nuovo cda: le pulizie di Natale

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Juve, nuovo cda: le pulizie di Natale© ANSA
Alessandro F. Giudice
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Una missione non semplice attende il CdA bianconero, che l’assemblea nominerà il 18 gennaio su proposta dell’azionista di maggioranza. Dovrà anzitutto ristabilire l’immagine del club, intaccata dalle peripezie giudiziarie, gestendo pure i possibili contraccolpi del procedimento sportivo, riaperto dalla procura federale, come di quello penale riguardante i manager uscenti nonché - per la parte di responsabilità che riguarda le persone giuridiche - la stessa società. Dovrà sgombrare il terreno da pratiche gestionali che hanno dato risultati spiacevoli: non le proverbiali pulizie di Pasqua ma forse quelle di Natale. 

Già nella composizione pare un CdA di salute pubblica. Dimezzato il numero (da 10 a 5) con professionisti dotati di comprovate competenze legali, contabili, fiscali, amministrative e due soli membri di estrazione manageriale a cui saranno conferite deleghe. Scanavino non ha un pedigree sportivo (viene gruppo Gedi) e sostituirà Arrivabene, anch’egli in uscita come tutti gli amministratori precedenti. Nessun membro sarà di emanazione diretta Exor

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Il passaggio non è solo un cambio di poltrone ma prepara una Juve diversa dal recente passato e sancisce la fine del progetto targato Agnelli in cui ci furono due fasi ben distinte. La prima era tesa a conciliare la competitività tecnica, dopo stagioni avare di trionfi sportivi, con il risultato economico. Le perdite vennero definite “intollerabili” nelle lettere del presidente allegate ai bilanci annuali 2011-2013. 

Scriveva Agnelli nel 2012: «È fondamentale che la Juventus torni ad essere un modello non solamente sotto il profilo gestionale e sportivo, ma che essa possa nuovamente raggiungere un equilibrio economico-finanziario per garantire agli azionisti ed ai suoi milioni di tifosi una prospettiva di medio-lungo termine adeguata alla sua storia. Il fronte dei ricavi dovrà essere maggiormente sviluppato al fine di garantire una competitività a livello continentale. Lo Stadium ha iniziato a dare i suoi frutti contribuendo in maniera sensibile ai margini del conto economico sia per quanto concerne i ricavi da gare sia per quanto attiene ad un ritrovato appeal del marchio Juventus, che potete rilevare dall’aumento dei ricavi da sponsorizzazioni e pubblicità». Già nei primi 4 anni, fino al 2015, la Juventus raddoppiò i ricavi caratteristici (da 154 a 324 milioni) per triplicarli in 8 anni. 

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Una storia di successo, accompagnata dal dominio sulla Serie A e un ciclo di scudetti senza precedenti, favorito dal contemporaneo smantellamento delle milanesi. Un modello che poteva sostenersi senza le vituperate plusvalenze. Finché queste ebbero dimensioni fisiologiche, furono il quid che consentiva alla Juve gestioni sostenibili: dalle perdite “intollerabili” (94 milioni nel 2011, 46 nel 2012) all’utile nel 2015 (2,3) e 2016 (4,1) fino al solido +42,6 del 2017 grazie alla robusta (e non artefatta) plusvalenza Pogba. 

Dal 2018 si fece strada l’idea che il calcio stava per attraversare un’evoluzione radicale. Così Agnelli: «Nei prossimi sei anni si getteranno le basi del calcio del futuro» con un ruolo sempre maggiore «degli imprenditori e degli investitori» con una «inesorabile polarizzazione tra i club». Polarizzazione significa dentro o fuori e per la Juve «strenuamente impegnarsi per rimanere in questa ristretta cerchia di brand a rilevanza globale» che si chiamava (ormai lo sappiamo) Superlega. Il resto è storia. Una politica di acquisti sempre più azzardati per conquistare un posto alla ristretta tavola imbandita ma, con ricavi non più espandibili, la necessità di coprire le perdite drogando i ricavi. In pratica, rinviando perdite al futuro in attesa del jackpot. Una storia di cui conosciamo la fine. 

Un CdA normalizzato implica l’abbandono, nei prossimi anni, della grandeur. La Juve dovrà diventare un club come gli altri, capace di reggersi sulle sue gambe dimostrando di avere diritto di cittadinanza nel portafoglio dell’azionista senza le gigantesche iniezioni di cassa recenti. Motivate allora dalla prospettiva di un ritorno imminente, che non arriverà nei modi sperati e dovrà essere inseguito diversamente. Tagliare radicalmente le spese per recuperare la fiducia dell’azionista. 


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