Juve, non è più tempo per le spese folli

.
Juve, non è più tempo per le spese folli© ANSA
Alessandro F. Giudice
5 min
Le frasi di Evelina Christillin sul momento della Juve confermano il timore dei tifosi: che l’avvio del nuovo corso con un CdA “tecnico” imponga una virata rispetto al dominio degli ultimi anni sul mercato. Questo non deve stupire. Esattamente un anno fa, la Juventus scompaginava il mercatino invernale agguantando in un blitz da 160 milioni (80 il cartellino, 14 agli agenti, 7,5 netti al giocatore per un quinquennale) l’oggetto del desiderio più ambito: Vlahovic. Fummo tra i pochi a ritenere incompatibile con l’equilibrio dei conti bianconeri un azzardo di quelle proporzioni. Tanto più che la Juve aveva appena collocato in borsa un aumento di capitale da 400 milioni, dichiarando la ferma intenzione di puntare al pareggio nel 2023/24. Quell’operazione, colossale per il mercato italiano, allontanava l’obiettivo gestionale.  

Alcuni obiettarono che le contestuali cessioni al Tottenham di Kulusevski e Bentancur, oltre alla rinuncia a rinnovare Dybala, avrebbero compensato il costo del serbo ma un’azienda che punta al pareggio del bilancio dovrebbe sfruttare le cessioni per abbassare i costi di gestione, anziché impegnarsi in acquisti più onerosi. Anche dal punto di vista tecnico, non è scontato che la Juve abbia migliorato la sua cifra tecnica perché il rendimento di Vlahovic è stato finora inferiore alle attese. Altri sostenevano che, senza Vlahovic, non sarebbe arrivata la qualificazione alla Champions 2022/23: un danno da almeno 50 milioni. È probabile, ma nel calcio - più ancora che nella gestione di qualsiasi azienda - solo i costi sono certi mentre i ricavi dipendenti dai risultati sportivi sono soggetti a un’alea spesso sottovalutata. La presenza di Vlahovic non ha comunque evitato l’eliminazione ai gironi in questa stagione, mentre un costo così ingombrante in rosa contribuirà probabilmente allo scenario di ridimensionamento delle ambizioni di mercato disegnato da Christillin. 
La Juventus paga errori gestionali evidenti da cui l’adozione di un modello di business orientato a una crescita razionale è stata rallentata. Negli ultimi anni è parso evidente che la crescita dei ricavi abbia raggiunto limiti difficili da superare. Neppure la presenza di CR7 ha traghettato, dopo un effetto iniziale, il fatturato bianconero sui livelli dei top internazionali. Gli sponsor di maglia (Adidas e Jeep) e i naming rights dello Stadium (Allianz) sono stati negoziati nel momento di massimo fulgore, per risultati sportivi e presenza di campioni in rosa. Restano stabili perché legati a contratti pluriennali ma difficilmente potranno crescere. Inoltre, Torino non è Milano. Dotata quest’ultima - più di ogni altra città italiana - del potere attrattivo di flussi internazionali delle grandi capitali d’Europa. Alla Juve serve un progetto (parola abusata, ce ne rendiamo conto) credibile e adeguato al momento tecnico e commerciale del club. Serve la capacità di programmare con umiltà, senza la frenesia di rincorrere la vittoria immediata. Prendere atto che una stagione si è conclusa (con risultati sportivi formidabili) ma che adesso bisogna disegnare il futuro con intelligenza e moderazione, senza reazioni istintive per segnare il colpo a effetto. A cominciare dalla guida tecnica, forse più adeguata a gestire un gruppo di campioni che a plasmare un gruppo di giovani. Ma pure nel management, che non può essere adatto a tutte le stagioni, allo champagne come all’austerità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Juve, i migliori video