Allegri, i numeri che demoliscono i suoi detrattori

Allegri, i numeri che demoliscono i suoi detrattori© ANSA
Ivan Zazzaroni
3 min

Voglio un addio allegro, non grigio, è stata la richiesta di Luca quando ha capito di essere arrivato alla fine. E ieri la famiglia Vialli ha fatto sapere che il modo migliore per ricordarlo è proprio quello di rispettarne la dolcissima volontà: il sorriso e la leggerezza hanno fatto parte della prima vita del campione; il sorriso è rimasto a lungo suo compagno anche nella seconda, in cui ha prevalso un’intollerabile sofferenza. Non è stato allegro, ma estremamente emozionante, l’addio che il pubblico dell’Allianz Stadium ha dato al capitano: la luce accesa sul terreno di gioco, al buio l’intera cornice, le squadre schierate su due linee e poco sotto il cielo di Torino l’immagine illuminata del campione con la maglia bianconera, quella vera, riconoscibile, della tradizione.

Le parole pronunciate da un altro Gianluca amato, Pessotto. I cuori sospesi. Un lungo silenzio ha preceduto un applauso interminabile, arricchito da cori rispettosi. Impossibile non provare qualcosa di potente - anche se non si è juventini - nel momento in cui la passione si fa dono collettivo. Allegri, non grigio, è stato il risultato della partita. Un altro 1 a 0, ma assai più significativo dei precedenti perché prodotto di una prova di livello, di una giocata di Federico Chiesa e delle intuizioni dell’allenatore, i cui cambi sono stati tanto sorprendenti quanto felici: prima Chiesa, Paredes e Milik per Miretti, Locatelli e Di Maria, a conferma che la Juve pensata l’estate scorsa sta pian piano ricomponendosi.

Poi, nel momento di massima pressione dell’Udinese, la freschezza e l’intraprendenza di Soulé e Fagioli al posto del calo di tono di Kostic e Kean. Ho capito che Mister Silenzio e Lavorare stava cominciando a credere in qualcosa di più grosso quando l’ho rivisto incazzoso e feroce come ai tempi belli (suoi): ha smesso di ripetere ossessivamente “calma!” ed è passato all’ululato, occhi e bocca spalancati come le porte del suo nuovo paradiso personale. Conviene insistere sui significati di questa partita, che ci sono e, soprattutto, sono accessibili a chiunque. Per l’ottava partita consecutiva AllegriOut è riuscito a non subire gol, nonostante - nell’occasione - gli mancasse il difensore più veloce, Bremer, e i tre dietro avessero a che fare con attaccanti rapidi come Success e Beto.

Per la sesta volta la Juve ha segnato dopo l’ottantacinquesimo: o la squadra sta bene di testa e di gamba oppure Max ha un gran culo. Propendo per la prima opzione, ma non trascuro del tutto la seconda. In cinque gare, poi, ha portato a casa i tre punti segnando un solo gol. A proposito di reti, con 14 centri ha raccolto 24 punti, un rapporto che ha del miracoloso. Venerdì la Juve va al Maradona con una diversa consapevolezza di sé, Rabiot in condizioni sfavillanti (formidabile la crescita sul piano dei recuperi), una difesa convinta di essere imperforabile e molti meno vuoti a centrocampo e in panchina.


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