Juve, adesso l’accordo “utile” per una penalizzazione meno dura

Leggi il commento sui nuovi sviluppi delle inchieste sul club bianconero per plusvalenze e manovra stipendi
Juve, adesso l’accordo “utile” per una penalizzazione meno dura© Juventus FC via Getty Images
Alessandro F. Giudice
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Si intravede una mano tesa alla Juventus - da un lato - nell’avviso di chiusura indagini inviato da Chiné sui nuovi filoni d’indagine. Dall’altro, la volontà di consolidare la posizione accusatoria, assicurando l’afflittività delle sanzioni sportive. Iniziamo col dire che la rappresentazione, nel bilancio Juve, della manovra stipendi adombra difformità nette rispetto ad altri club e occorre premettere che il problema cruciale non risiede nella scelta di spostare al 2020/21 le mensilità del 2019/20, anno in cui l’esplosione del Covid portò alla sospensione dei campionati. La prassi di contabilizzarle l’anno successivo è anzi richiesta dai principi contabili perché il principio di inerenza prevede la correlazione temporale tra costi e ricavi. Se le prestazioni vengono erogate l’anno successivo a quello previsto, per lo spostamento delle gare, il rinvio dei costi è dovuto. Se di questo (e solo di questo) si fosse trattato, non sarebbe stato necessario l’ormai famoso comunicato del marzo 2020, con cui la Juve comunicò l’accordo coi tesserati. Il problema semmai è il riferimento (questo è l’argomento dell’accusa) a una rinuncia dei giocatori alle retribuzioni e la comune intesa di valutare liberamente (“in buona fede”) se corrisponderle in caso di ripresa del campionato. Se le scritture dell’inchiesta Prisma dimostrano non di rinuncia, ma di semplice spostamento, si trattava il bilancio 2019/20 avrebbe dovuto rappresentare un debito verso i calciatori. Facciamo il confronto con un altro club allora quotato, la Roma, che operò la stessa manovra. Il bilancio del club giallorosso riporta (alla nota 8.11) il «rinvio all’esercizio 2020/21 della contabilizzazione di una parte dei costi» e la «rinuncia a percepire gli stipendi relativi» ai mesi di sospensione, per un importo di 30 milioni. Quindi la Roma ne accantonò quasi 50 (rispetto ai 30 dell’anno precedente) per il debito implicito coi dipendenti in funzione della probabilità di maturazione. Nel bilancio Juve, la contabilizzazione di questo debito non si vede.

I possibili scenari

Con questi elementi, la procura federale avrebbe potuto contestare direttamente l’art. 31 del codice sportivo per sanzionare le scritture private tra società e tesserati. La fattispecie prevede penalizzazioni di punti e squalifica dei giocatori. Come spiegato ieri da questo giornale, il dubbio tecnico di Chiné sarebbe che le famose scritture private coi giocatori (oltre che con procuratori e altre società) non rientrassero tra le comunicazioni obbligatorie da rendere alla Covisoc. Ma forse c’è dell’altro. La scelta “politica” sarebbe di evitare l’escalation di sanzioni che coinvolgerebbe moltissimi giocatori, oltre a una sanzione economica al club che – applicando alla lettera l’articolo 31 – sarebbe “da uno a tre volte” un ammontare di decine di milioni: un danno economico gigantesco. Ricorrendo all’articolo 4, Chiné ha invece ravvisato la violazione degli obblighi di lealtà e probità, già assorbita dal filone plusvalenze. L’aggiunta di nuove contestazioni potrebbe quindi comportare, al massimo, qualche punto extra di penalizzazione, essendo la violazione già stata sanzionata. Punirebbe quello che l’accusa considera un “sistema-Juve”: l’insieme preordinato di condotte volte a dissimulare la situazione economica, celando agli organi di controllo la visione complessiva dei bilanci del club. Discutibile o no, è una scelta politica degli organi federali, di equilibrio tra rigore e stabilità. A fronte di condotte ritenute documentate. Se il Coni dovesse cancellare la penalizzazione, magari per vizi procedurali, la giustizia Figc manterrebbe l’opzione di integrare la contestazione dell’art. 4 con nuovi filoni, ma la Juve avrebbe il margine per patteggiare una sanzione meno dura dei 15 punti. Il comunicato del club, prevedibile e quasi di circostanza, suggerisce la possibilità che un accordo «utile» sia valutato dalla nuova gestione.


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