Golpe Ceferin? Fermate i soliti sospetti

Leggi il commento sul presidente Uefa e sulle possibili sanzioni alla Juve
Roberto Beccantini
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La domanda che serpeggia tra i «descamisados» dei Bar sport è la seguente: premesso che la Juventus sta facendo di tutto per suicidarsi, quali armi sfodererà la perfida Nyon per infliggerle il colpo di grazia? Gli esperti (sic) ne hanno individuate due. La prima, diretta e rancorosa: niente coppe se non giurerà infedeltà eterna alla Superlega; e questo, a prescindere dalle sentenze «a rate» dei tribunali sportivi. La seconda, indiretta e paradossale, chiama in causa le squadre italiane che sono arrivate sino in fondo: la Roma in Europa League, la Fiorentina in Conference, l’Inter in Champions, citate in ordine di apparizione.  

L’avviso di triplete spiazza il partito che ha innalzato Aleksander Ceferin a bieco e oscuro trivellatore del nostro calcio, al netto del «matrimonio» con Gabriele Gravina, l’anti-razzista a gialli alterni. C’è però uno zoccolo duro che si ostina a leggere la cronaca con le lenti della più sofisticata e chirurgica vendetta. Fuor di metafora: pur di isolare e fustigare Madama, hanno favorito l’esodo di massa a Budapest, Praga e Istanbul. Così impara. 

Ampliando l’analisi, Napoli e Milan sono stati abbattuti dal fuoco amico: il Napoli dal Milan, il Milan dall’Inter. La Lazio si scavò la fossa in tempi lontani e poco ambigui. Rimane la società che fu di Andrea Agnelli. La vergogna di Haifa non ha mandanti. E se con il Siviglia, allo Stadium, manca un rigore su Adrien Rabiot, in Andalusia ne manca uno (di Juan Cuadrado) su Oliver Torres. Giù le mani, dunque. Hanno deciso i piedi, non la politica. I piedi e basta. 

Juve, manovre stipendi: si va verso il patteggiamento

La Juve riassume un caso (e un casino) a sé

In generale, dagli archivi non trapelano atti di «terrorismo» tali da giustificare lo stato d’assedio. Lo certificano le cinque semifinaliste e le tre finaliste. Più di qualunque Paese. Più della Premier, addirittura. Poi, è chiaro, l’ultimo chilometro e le ultime curve agitano spesso montagne di ombre, e nessuno ci eguaglia nello scalare i complotti. E allora, tranquilli: se mai ci venisse offerto il benché minimo pretesto, peggio per loro. A brigante, brigante e mezzo.  

Anello debole degli ammutinati, la Juventus riassume un caso (e un casino) a sé. Al Real temevano ritorsioni trasversali: la Champions del 2022 ha spinto Florentino Perez a ripulire la fedina dell’Uefa, da bordello omertoso a collegio virtuoso. Con il Barcellona sotto schiaffo per le accuse di corruzione emerse dal dossier Negreira, roba grossa e scottante di arbitri influenzati o influenzabili, Joan Laporta, il presidente, si è imbarcato sul primo aereo e, nel dubbio, è andato da Ceferin, sì: ma a casa sua in Slovenia, non nel «Vaticano» svizzero.

Voto? Il triennio conclusivo dell’Agnellino è stato devastante, dalle plusvalenze (per adesso, curiosamente «solitarie») al filone stipendi, in un turbinio di squalifiche e penalizzazioni. Il cappio della Superlega - in rapporto, soprattutto, alla pista spagnola - resta comunque uno strumento discutibile. E non meno ipocrita, da parte del sommo duce, della vigliaccheria che indusse l’ex compagno di merende (e di battesimi) a celargli il golpe. 


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