Juve, il retroscena di McKennie: "Pirlo? Una chiamata mi ha messo sotto shock"

Le parole dell'americano in occasione delle 100 presenze con la maglia bianconera: ecco cosa ha detto
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Amore e odio tra la Juventus e Weston McKennie. Arrivato come il rinforzo perfetto per il centrocampo, con il tempo era uscito dalle rotazioni di Allegri fino ad arrivare al prestito al Leeds nella scorsa stagione. L'americano in estate è rientrato e con un bel pre campionato si è riconquistato il posto in squadra, questa volta però come esterno destro nel 3-5-2. Un cambio ruolo fondamentale per la sua carriera finora e anche per raggiungere le 100 presenze con la maglia bianconera.

Juve, le parole di McKennie

Queste le sue parole ai microfoni della Juventus: "Arrivo alla Juve? C’erano due club, non di primo livello, ma erano un passo avanti. Ho ricevuto la chiamata dal mio procuratore e mi ha detto che la Juventus era interessata a me. Ero sotto choc. Ero sul pullman con la squadra e ho saputo che avrei ricevuto una chiamata da Pirlo. Cosa? Pirlo mi avrebbe chiamato?! Ero a pranzo con la squadra, generalmente non potevamo tenere i telefoni e li lasciavamo da parte. Ho visto che mi stava chiamando un numero dall’Italia. Mi sono guardato attorno, ho preso il telefono e sono corso fuori dalla sala. Sembrava davvero che volesse che venissi qui. Lì ho capito che sarei realmente venuto alla Juventus, il resto è storia".

McKennie e il retroscena sul Mondiale del 2006

McKennie continua svelando un retroscena che riguarda il Mondiale del 2006: "Guardavo tutto dei miei compagni: Chiellini, Higuain, Cuadrado, Bonucci, Buffon. In pochi sanno che quando ero bambino in camera avevo un poster dell'Italia che festeggiava il Mondiale del 2006. Quindi vederli personalmente e giocare potenzialmente con loro è stato surreale". 

McKennie, il gol al Barcellona

Giocarci insieme? Fatto. Segnare per loro? Fatto anche quello. E non in un'occasione banale. "Sul gol contro il Barcellona ho un aneddoto interessante. Ero andato in Spagna con la mia famiglia poi. Il Barcellona si allenava allo stadio a porte chiuse. Abbiamo implorato la sicurezza di farci entrare dicendo che eravamo americani e io avevo appena iniziato a giocare. Ci hanno fatto entrare. Abbiamo visto Messi, Ronaldinho e altri che si allenavano. A un certo punto è arrivato un pallone e l’ho ricacciato indietro. Un cerchio che si chiudeva. L’angolo verso cui sono andato ad esultare era lo stesso dove ero entrato da bambino".


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