Juve, i motivi del momento no di Thiago Motta: da Vlahovic a Koop, cosa non va

I tifosi incolpano la difesa per lo scarso rendimento della squadra, ma i numeri della formazione bianconera dicono altro
Giorgio Marota
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TORINO - Cosa volete che siano un paio di serate storte, per un ragazzo abituato a gestire con lucidità le fibrillazioni del calcio? «Considero un privilegio il fatto di essere sempre sottoposto a questo genere di pressioni», raccontava Danilo a settembre 2023, quando la Juve non poteva fare a meno di lui. Un anno dopo il mondo si è capovolto: Allegri, con il quale il brasiliano godeva di un rapporto «talmente franco da sfiorare la complicità», non è più al timone e al suo posto c’è Motta, con cui condivide la lingua madre e poco altro; non c’è nessun caso: le connessioni umane sono scintille e qualche volta la luce resta spenta. La cronaca dice che Thiago non ha mai dato fiducia al capitano finché non gliel’ha imposto l’emergenza: ha giocato appena 5’ nelle prime 5, poi il minutaggio è cresciuto nell’ultimo mese dopo lo stop di Bremer e la gestione di Gatti.

Juve, numeri da incubo

Nelle ultime tre gare, i tentennamenti di una squadra che aveva preso una sola rete nei primi 670’ della stagione sono diventate delle falle evidenti: 53 tiri e 7 gol subiti nelle ultime 3 partite. Tutta colpa di Danilo, titolare proprio nella fase di calo della Juve? Non solo. Che il capitano sia in un momento opaco lo dimostrano i due falli da rigore commessi contro Stoccarda e Inter e i due cartellini presi (doppio giallo, quindi rosso) in pochi minuti nella sfida di Champions coi tedeschi. Certe disattenzioni, negli anni scorsi, erano chimere. Kalulu in coppa e a San Siro, e Gatti contro il Parma, però, non l’hanno certamente aiutato, lasciandolo spesso nell’uno contro uno in campo aperto con velocisti del calibro di Leweling, Thuram e Man. Il gol del 2-1 del Parma è esemplificativo: superato dall’attaccante di Pecchia, Danilo non ha trovato sostegno né in Gatti né in Cabal, rientrati in ritardo. «Ma dov’eri?», lo sfogo del brasiliano nei confronti di Federico. Giocare poco, si sa, rende faticoso trovare i giri giusti. Tra i difensori in rosa, solamente il giovanissimo Rouhi ha una percentuale di titolarità inferiore rispetto ai minuti in campo: si va dal 100% di Bremer e Cabal al 90% di Kalulu, fino al 50% di Danilo e il 33% di Rouhi. Nonostante lo scarso impiego e l’evidente crisi personale, Danilo ha vinto più duelli aerei di tutti (60%, 12 su 20) e ha confermato di essere un centrocampista prestato alla difesa per la qualità nell’impostazione, completando positivamente il 93% dei passaggi.

Danilo, un contratto in scadenza

Danilo, in carriera un pilastro per allenatori come Allegri, Sarri, Guardiola, Zidane, Benitez, Castro e Muricy Ramalho, ora sembra per la prima volta in difficoltà. Lo sono anche i suoi compagni, dopotutto. Locatelli e Thuram, ad esempio, stanno garantendo poco filtro e anche McKennie, maestro nelle due fasi, sembra più concentrato ad attaccare. Il risultato? La squadra è più sbilanciata e fatica a controllare il gioco. Giuntoli prenderà un difensore in prestito a gennaio, mentre a giugno dovrà aprire un dialogo con il capitano. Il suo accordo scade a giugno, anche se esiste una clausola per estenderlo al 2026 - se entrambe le parti lo vogliono - al raggiungimento del 50% di presenze “qualificate”, cioè oltre i 45’. Il bonus è già scattato, eppure una stagione così rischia di incidere su motivazioni e scelte.

Danilo, tra processi e incitamento

Tra gli atti del processo-Danilo, già partito al tribunale del tifo social, ce ne sono almeno un paio d’amore. Il primo è firmato dal ct della Seleçao, Dorival Junior, che gli ha consegnato al fascia: «Per noi è fondamentale, non si tocca!». L’altro arriva negli stadi, quando Danilo non gioca e a fine gara partecipa alla “sgambata” delle riserve. Dal settore ospiti gli dedicano puntualmente il coro: «Un capitano, c’è solo un capitano!».


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