Cesare Prandelli a Firenze trasformò il cucciolo in un leone, il brevetto in una macchina da gol. Con lui Dusan segnò 11 volte in 20 partite della Serie A 2020-21, accendendo l’interesse delle grandi d'Europa. Come trovò la formula giusta? «Molto semplice: liberai il suo istinto animale». Vlahovic è stato il suo ultimo centravanti, prima di quelle dimissioni dalle quali non è mai più tornato indietro. «Oggi faccio il nonno e passo il tempo con qualche amico. Sono un uomo felice che guarda tanto calcio».
Il nuovo Vlahovic come lo vede?
«A inizio stagione ho pensato che sarebbe potuto arrivare a 25 gol. Ora è a 9. Ma può dare di più».
«Quando presso e rincorro gli avversari, poi rischio di arrivare stanco e meno lucido in fase di finalizzazione». Sono parole del ragazzo, pronunciate dal ritiro della Serbia.
«Sono dell’idea che un attaccante debba pensare prima di tutto a segnare. Se difendere lo porta a perdere sensibilità sotto porta, allora c'è qualcosa da rivedere. Negli ultimi 20 anni non abbiamo proposto centravanti di un certo livello anche perché nelle giovanili riempiamo le loro teste di concetti tattici: fare sponda, difendere, rincorrere gli avversari. Gli allenatori non devono rovinare l’istinto del bambino che è in ogni calciatore. Ma Thiago sa il fatto suo».
Ha detto anche che con un'altra punta accanto si trova meglio.
«Due modi diversi di giocare. Io gli affiancavo Ribery, ma Frank partiva da sinistra e veniva in mezzo per assisterlo, poi c'era Bonaventura che faceva la mezzala e a volte la seconda punta. Nella Juve con i due esterni che puntano l'uomo, tagliano e vanno in profondità, lui deve solo concentrarsi sui tempi di smarcamento e chiusura dell'azione».
Ha un suggerimento per lui?
«Gli voglio bene, ma deve stare zitto e seguire Motta».
Lei affidò a Motta il centrocampo della Nazionale. Si aspettava che facesse questa carriera da allenatore?
«Conosco allenatori che vanno fuori di testa se i moduli che hanno in mente non ingranano. Lui interpreta il calcio non in maniera rigida e per questo ha un futuro luminoso. Da calciatore vedeva il gioco prima degli altri. Diventavo matto quando dicevano che era lento, perché di testa dava una pista a tutti».
Sabato c’è Milan-Juve. Fuori una per lo scudetto?
«Manca ancora tanto, però qualche risposta la darà. Dalla Juve mi aspetto più sicurezza nel gioco. Dal Milan non so... vive un momento strano perché è tra le più forti ma Fonseca mi sembra un uomo solo».
Per il titolo ci sono 6 squadre in due punti. Non è mai successo negli ultimi 40 anni.
«Con due sorprese notevoli. L’Atalanta per me lotterà fino alla fine per lo scudetto, mentre la Lazio è la vera outsider e sta finalmente offrendo a Baroni quella vetrina che meritava da una vita».
E la Fiorentina? Là in alto c’è anche un pezzo del suo cuore.
«Un pezzo? La Viola è il mio cuore e vederla lassù non è una sorpresa. Palladino è camaleontico e ha una squadra con un blocco di giovani e di italiani che lo porterà lontano».
Con un Kean in più.
«Ecco, Palladino ha fatto con Moise quello che io feci con Dusan: gli ha liberato spazio».
Alla Roma è invece tornato Ranieri.
«Lo ammetto: sono tra quelli che si è chiesto "ma chi glielo ha fatto fare?"».
E che risposta si dà?
«All’amore che risposte vuoi dare? Quando batte il cuore puoi solo seguirlo. Claudio è garanzia di risultati, saggezza, etica e rispetto».
La Nazionale è davvero uscita dall’incubo?
«Eravamo tutti preoccupati dopo l’Europeo. Complimenti a Gravina, che ne è uscito bene pur avendo qualche problema da gestire con la Lega: dare un ruolo importante a Buffon è stata una scelta felice. Luciano è tornato Luciano, e si vede. E in più adesso c’è Tonali: fa tutta la differenza del mondo».