Rabiot, e s'intende di ippica
Prima di scrivere di Rabiot - a differenza di Allegri io mi aggiorno - sono andato a rivedere un’intervista abbastanza recente al centrocampista del Milan fatta da Alessandro Matri in versione Jimmy Fallon de noantri. Su Dazn.
Niente di sconvolgente, sia chiaro - i due erano a tavola alla Continassa, peraltro discretamente interessati a un risotto ai funghi - tuttavia gradevole: Rabiot non è tipo che si concede facilmente.
Dopo la metà dei ventisei minuti totali, tanto durò la chiacchierata, Rabiot aveva sviluppato prevalentemente un tema: la mentalità vincente di Allegri. «Mi piace avere un allenatore così» le parole del francese. «Max è uno che ti ripete sempre che anche l’allenamento è importante per crescere... Proprio con lui sono cresciuto, lui mi ha dato la continuità».
Allegri ha un’evidente predilezione per Rabiot: lo volle anche sei anni fa alla Juve «perché ha il livello ed è solido».
Lo volle, dicevo, ma quando nel 2019 Adrien arrivò effettivamente a Torino, Max non c’era già più. Trombato. «Fu Allegri a incontrarmi pochi mesi prima e mi convinse», è sempre Rabiot che parla, «solo che alla fine di quella stagione lui lasciò la Juve e io mi ritrovai con un altro allenatore». Maurizio Sarri «che all’inizio non mi faceva giocare, perciò mi chiedevo perché mi avessero voluto tanto per poi mettermi in panchina...».
E veniamo a Juve-Milan. Un anno dopo, un anno di Marsiglia e De Zerbi dopo, Rabiot sembra ulteriormente cresciuto, così almeno sostengono i collaboratori del tecnico: ha più personalità e un controllo superiore della partita. Proprio la solidità del francese e la statura tecnico-tattica di Modric sono i principali elementi di diversità di questo Milan rispetto al precedente che vedeva in Theo e Leao, due atipici, i leader tecnici, di soluzioni, del gruppo, certamente non quelli dello spogliatoio.
Rabiot è - con Modric - il giocatore al quale Allegri concede più libertà d’espressione, secondo il dettato tanto caro a Dan Peterson, che ai suoi ripeteva spesso: «Non fate quello che scrivo, fate quello che vedete».
Ma poi, per dirla tutta, uno che gli juventini chiamavano Cavallo Pazzo, come fa a non intendersi di ippica?
Questa la spiego la prossima volta ai non juventini e ai disinformati sul corto muso.
