Juve, manovre spericolate

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Alessandro F. Giudice
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Quali fatti contesta la procura Figc alla Juventus? Perché le manovra stipendi 2019/20 e 2021/22 costituirebbero violazione delle norme? Va ricordato che il 28 marzo 2020, col campionato sospeso per lockdown, la Juve annunciò in un comunicato stampa l’accordo bonario coi propri tesserati per la rinuncia a quattro mensilità di stipendi (da marzo a giugno). Essendo quotata, la società era obbligata a dichiarare al mercato l’impatto economico dell’accordo, quantificato allora in 90 milioni di minori costi, sul bilancio 2019/20. “Qualora le competizioni sportive della stagione in corso riprendessero” recitava il comunicato “la Società e i tesserati negozieranno in buona fede eventuali integrazioni dei compensi sulla base della ripresa e dell’effettiva conclusione delle stesse”. In altre parole, risparmio certo di 90 milioni per stipendi da non corrispondere più, se non in presenza di un nuovo accordo.

Accordi segreti tra Juve e giocatori

Le indagini della Consob, corroborate da evidenze raccolte dalla Procura nell’indagine Prisma, rivelarono invece che società e tesserati si erano accordate con intese sottobanco per rinviare due mensilità e mezza (delle quattro ufficialmente rinunziate) alla stagione successiva. In forza di tale accordo, la società avrebbe dovuto rappresentare, nel bilancio chiuso al 30 giugno 2020, il debito verso i tesserati per le mensilità dovute. L’omissione del debito comporta certamente un’alterazione del bilancio, per violazione di più principi contabili: anzitutto, lo IAS 1.27 (violazione del principio di competenza economica) ma anche lo IAS 10 (eventi successivi alla chiusura dell’esercizio) perché – ammesso che gli accordi per il versamento degli stipendi siano stati conclusi a luglio, come sostiene il club – il bilancio avrebbe dovuto rappresentarli.

Juve, manovra ripetuta

Evidente che lo spostamento di costi dal 2019/20 avrebbe comportato una perdita maggiore nel 2020/21. Così i dirigenti pensarono di ripetere la manovra l’anno successivo, mascherando le mensilità spostate come un loyalty bonus, cioè premi sottoposti a condizioni che invece – secondo le conclusioni di Consob e Procura – erano certamente verificate. Anche in quel caso, si contesta alla Juve l’omissione di decine di milioni di debiti nel bilancio.

Stesso "reato" del filone plusvalenze

Bisogna ricordare che tutti i club spostarono alcuni stipendi 2019/20 all’anno successivo perché i principi contabili (nazionali e internazionali) obbligano a contabilizzare la manifestazione economica di un costo nell’anno in cui si è verifi cata la relativa prestazione. Resta però il fatto che in bilancio deve figurare il relativo debito. Se confrontiamo, ad esempio, il bilancio della Juve con quello di un altro club allora quotato, la Roma, notiamo come la società giallorossa abbia regolarmente contabilizzato il debito verso i dipendenti. La Juve presentò invece come rinuncia un mero spostamento. Ferma l’alterazione del bilancio, dove risiederebbe la violazione di norme sportive? La procura FIGC contesta l’art. 4 cioè violazione degli obblighi di lealtà e correttezza: lo stesso “reato” del filone plusvalenze. La tesi dell’accusa – si intuisce – è una gestione complessiva (economica e sportiva) della Juventus improntata a sistematica scorrettezza, preordinata alla rappresentazione alterata della performance economica e della capacità patrimoniale del club. Senza contare la circostanza che qualsiasi accordo economico segreto tra club e tesserati costituisce violazione materiale di una norma federale. E senza trascurare gli accordi economici confidenziali, in violazione delle norme federali, tra la Juve e altri club (Samp, Atalanta, Sassuolo, Udinese, Bologna e Cagliari) che potrebbe portare a un allargamento dell’inchiesta.


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