Juve, cosa accadrà con i giudici di Roma: gli elementi a disposizione

L'analisi dell'avvocato e esperto di diritto sportivo Mattia Grassani dopo lo spostamento del processo Prima dal tribunale di Torino a quello romano
Mattia Grassani
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Sarà una partita diversa, molto diversa, quella che si giocherà davanti alla Procura della Repubblica e al GUP di Roma. Lo spauracchio dei Pubblici Ministeri sabaudi è ormai lontano, ma si impongono alcune considerazioni su ciò che è stato sino ad oggi e quello che sarà lo sviluppo dell’iter giudiziario riguardante i massimi dirigenti bianconeri e la società. Il colpo di grazia, quanto all’immagine pubblica dei magistrati inquirenti, l’ha data, inequivocabilmente, l’entrata a gamba tesa (seppur utilizzata mediaticamente a scoppio ritardato rispetto al suo verificarsi) compiuta sul club torinese dal dott. Ciro Santoriello. Un vero e proprio colpo basso senza possibilità di VAR riparatore che, in qualche modo, non è stato mitigato nemmeno dal passo indietro che il pm ha fatto in occasione dell’udienza preliminare che ha determinato la rimessione del fascicolo alla Cassazione per la decisione sulla competenza. Mantenere il giudizio a Torino avrebbe significato incoraggiare una ridda di sospetti, congetture, dietrologie idonee ad alimentare solo culture deviate e devianti oltre a non fare bene, in primis, alla Juventus, poi al processo ed alla credibilità giustizia più in generale.

Deboli, troppo deboli, per mantenere la competenza nel capoluogo piemontese, le ragioni basate dai Pubblici Ministeri sul fatto che la Juventus avesse sede a Torino e che da Torino fosse partito il noto comunicato riguardante la prima manovra stipendi in piena pandemia Covid, di fatto smantellate dalla pronuncia di 48 ore fa. A nessun giudice, di ogni ordine e grado, è, infatti, consentito innamorarsi, mai e dico mai, del processo che gli è stato assegnato, pena la distorsione del ruolo di imparzialità, obiettività ed indifferenza che lo stesso deve sempre ricoprire rispetto alle sorti del giudizio in trattazione. Il dubbio, se non i Pubblici Ministeri, se lo è posto, però, il GUP del Tribunale di Torino che il 10 maggio scorso ha trasmesso gli atti alla Suprema Corte, dubbio che è diventato certezza. La sensazione che a Torino, se non di innamoramento, si possa essere stati in presenza di ostinazione nel voler proseguire sulla linea tracciata, pervicacemente e perdendo di vista istituti processuali fondamentali ai fini del corretto svolgimento della causa, era più che fondata. Troppi i segnali, rimasti inascoltati, che i legali juventini hanno inviato ai titolari dell’inchiesta, troppo evidenti le falle certificate dalla decisione riparatrice resa due giorni or sono da Piazza Cavour.

Gli Ermellini, tra Milano, luogo ove ha sede la Borsa e nel quale si era consumato il più grave reato contestato, ovvero le false comunicazioni sociali e la manipolazione del mercato azionario, o, in subordine, il Foro di Roma, dove si trovavano fisicamente i server che hanno veicolato le informazioni, hanno optato, un po’ a sorpresa, per quest’ultimo. Aria nuova, non fresca certamente, ma nuova sì, spazzata via l’ombra di pregiudizi e preconcetti inquinanti, che non avrebbe consentito un sereno svolgimento del procedimento. Ora si riparte quasi da zero, con un giudizio che, per arrivare ad una verità processuale definitiva, richiederà certamente più tempo rispetto a quello che si trovava già in avanzato stato di svolgimento a Torino, poi azzerato dalla Cassazione. In ogni caso, la scure della prescrizione non incombe sull’esito finale del giudizio e questa è già una positiva constatazione.

Non è facile azzardare previsioni sulle conclusioni a cui arriveranno i giudici romani: fosse ancora vivo il Totocalcio, si imporrebbe il pronostico da tripla: 1 X 2. Qualche elemento in più, però, lo abbiamo a nostra disposizione, uno recente ed un altro più risalente nel tempo. Il primo riguarda l’archiviazione, decretata il 22 agosto scorso, in via definitiva, dal Tribunale di Bologna, in occasione del trasferimento di Riccardo Orsolini dalla Juventus al Bologna nel 2019. Il procedimento penale, del quale mi sono occupato come difensore del Club rossoblù, ha visto un pronunciamento netto ed univoco con il quale tanto l’accusa quanto la difesa hanno ritenuto l’inesistenza del reato di falso in bilancio a carico del Club emiliano nel primo dei sei filoni di indagine “spacchettati” dall’indagine Prisma, trasmessi a Udine, Bergamo, Cagliari, Genova e Modena. Secondo il GUP di Bologna “letti gli atti del procedimento penale a margine indicato, non sono emersi estremi di reato e le argomentazioni svolte dal PM a sostegno della richiesta di archiviazione sono condivisibili”. Il secondo elemento di raffronto da tenere presente è la sentenza del Tribunale penale di Roma, lo stesso, appunto, che si occuperà della vicenda riguardante la Juventus, il quale, in composizione collegiale, in data 17/12/2007, assolse Franco Sensi e Sergio Cragnotti dall’accusa di avere posto in essere numerosissime operazioni di calciomercato di giocatori tra cui Diego Fuser, Franco Brienza, Daniele Martinetti ma anche molti, molti carneadi sconosciuti per valori miliardari (in lire), ritenuti "inconcepibili e fondati sul nulla". Due precedenti che fanno ben sperare i tifosi bianconeri.


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