ROMA - Foggiano di nascita, bergamasco d’adozione e biancoceleste nel cuore. Memoria di ferro per Giorgio Magnocavallo: «La stagione 1986-’87 la ricorderò per sempre - racconta oggi a 58 anni - ero capitano dell’Atalanta in Serie A e ho rischiato di scendere in C con la Lazio». Già, perché? «Aveva più ambizioni». Impossibile dire no ad un presidente speciale: «Mi chiamò Chinaglia in persona per convincermi. Aveva un grande entusiasmo e la Lazio sempre nel cuore; la sua passione l’ha rovinato». Sapeva come divertirsi Magnocavallo: «Mi è sempre piaciuto fare gli scherzi».
E giù risate. Poi la voce diventa seria: «Avevamo paura di finire in Serie C. Le gambe non ci reggevano più, è stata un’annata difficile». La rete di Poli con il Campobasso è stata la fine di un incubo: «Una liberazione, come uno scudetto». Aria tesa prima della partita, una settimana che Magnocavallo ha vissuto lontano dai compagni: «Fascetti mi aveva dato il permesso per andare al corso allenatori». Difficile pensare ad altro, però: «Non ero molto attento, la testa era agli spareggi». Gruppo unito quella Lazio: «Come una fa miglia, quella era la nostra forza. In campo giocavamo sempre per la maglia, nessuno si tirava mai indietro». Individua un leader: Mimmo Caso: «La sera veniva nelle camere per caricarci».