Eriksson: “Alla Lazio il top della mia carriera. Maradona il più grande”

L’ex allenatore si racconta ripercorrendo la sua lunga carriera fatta di successi e di grandi giocatori: “Falcao fenomenale, Baggio il più talentoso”
52. Sven-Goran Eriksson (Roma, Fiorentina, Sampdoria, Lazio)© ANSA
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ROMA -Alla Lazio è stato il periodo migliore della mia carriera. Ho vinto sette trofei in meno di quattro anni”. Sven- Goran Eriksson si racconta ai taccuini del Guardian. Ripercorre la sua incredibile avventura in Italia da allenatore dei biancocelesti e non solo: “Quando ho detto sì all’Inghilterra, Nesta è venuto da me dicendomi di restare. Volevo provare a tenere entrambe le panchine, ma era impossibile e ho rassegnato le dimissioni. Mihajlovic? Pensava di essere il migliore in tutto: miglior sinistro, miglior destro, miglior tiro, miglior velocità. Con lui, calciare una punizione era come tirare un rigore. Il suo sinistro era meglio del destro di Beckham”.

Le esperienza in Italia

Eriksson arriva per la prima volta in Italia e inizia con la Roma. Poi Fiorentina, Sampdoria e appunto Lazio. “Falcao? Un calciatore fenomenale, in un match contro il Napoli è stato anche meglio di Maradona. Diego era un uomo semplice. Ho cenato con lui alcune volte quando viveva a Dubai. Penso sia stato influenzato da persone cattive per tutta la vita. Come giocatore è stato probabilmente il più grande di sempre. Io suo allenatore? Maradona è Maradona, lo avrei lasciato libero per il campo. Baggio invece, allenato alla Fiorentina, è stato il giocatore più talentoso insieme a Rooney. Roberto aveva tutto: tecnica incredibile, visione, ritmo. Ricordo una partita contro il Milan di Sacchi in trasferta. Superammo due volte la linea di metà campo e due volte gol con Baggio. E in difesa c’era gente come Baresi, Maldini, Costacurta e Tassotti”. Poi su Roberto Mancini: “Alla Sampdoria dirigeva il club. Chiamava pure la cucina quando sapeva che avremmo fatto tardi dicendo di tenere la pasta in caldo. Era coinvolto in tutto, un figlio per il presidente Mantovani che spesso ospitava lui e Vialli a cena a casa sua. Roberto aveva standard molto elevati, in campo pretendeva il massimo e litigava sempre con gli arbitri e i compagni i squadra. Ma che talento! Poteva fare di tutto in campo”.


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