Lazio, i segnali positivi

Leggi il commento al passaggio del turno in Conference League della Lazio
Lazio, i segnali positivi© EPA
Alberto Dalla Palma
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Ogni tanto ci vogliono anche le partite “sporche” come quelle di Cluj per crescere e dare un segnale che qualcosa sta cambiando. Se non altro con lo 0-0 in Romania la Lazio può entrare negli ottavi e puntare in alto, anche se il rimpianto per l’eliminazione da un girone di Europa League davvero modesto (il Midtjylland è già andato a casa) è ancora molto vivo. Considerando le assenze di Romagnoli, Pedro, Milinkovic, Zaccagni e Patric e le cattive condizioni di Marcos Antonio, anche Sarri non poteva chiedere di più alla squadra, che ha interpretato la partita perfetta su un campo dove non potrebbero essere nemmeno coltivate le patate. Abbandonato il palleggio e il possesso palla ossessivo, la Lazio ha indossato l’elmetto ed è andata a combattere una battaglia che non le apparteneva come mentalità, tanto che in avvio ha concesso qualche occasione agli avversari proprio perché cercava di interpretare su quel terreno orrido il gioco che ha nelle sue corde. 

I biancocelesti avrebbero potuto anche vincere, interrompendo una sequenza negativa iniziata all’epoca di Simone Inzaghi (un solo successo nelle ultime 17 trasferte consecutive in Europa), ma prima l’arbitro ha negato un rigore a Immobile ammonendolo per simulazione (decisione ridicola, che fa venire anche qualche cattivo pensiero) e poi Vecino non è riuscito a mettere la palla in porta per tre volte nella stessa azione che l’aveva messo davanti a Scuffet: un ping pong tra lui, il portiere e Casale mai visto. Con il possibile 1-0 la Lazio avrebbe potuto giocare in scioltezza approfittando degli spazi concessi dagli avversari, invece ha dovuto sempre tenere alta la tensione per proteggere un prezioso 0-0 anche dopo l’espulsione di Muhar.  
Sarri a Cluj ha potuto anche testare la forza delle sue riserve, sul cui valore si è aperto uno scontro infinito con Igli Tare. Secondo il ds le seconde linee biancocelesti hanno un valore elevato mentre per il tecnico non garantiscono una competitività così elevata per sostenere tre competizioni, diventate due in un lampo dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia. È probabile che la verità stia nel mezzo e comunque un conto è pescare dalla panchina uno o due giocatori, un conto quattro o cinque tutti insieme, come è accaduto in questo play off. Il grande promosso è lo spagnolo Gila, difensore centrale che ha esibito doti non comuni per un giovane alle prime esperienze internazionali: rapidità e aggressività lo rendono una valida alternativa a Casale e Romagnoli anche se Sarri, fino ad ora, ha sempre privilegiato Patric come prima riserva. Vedremo se Mau cambierà idea dopo la sfida contro il Cluj, comunque Gila può tornare utile nelle prossime partite di Conference consentendo ai titolari di riposare. 
Non hanno garantito lo stesso rendimento, invece, il giovane Romero e Basic, al quale manca sempre qualcosa per diventare un giocatore importante. Paga spesso le scelte finali, come a Cluj: tira quando la deve passare e la passa quando deve tirare. Una partita di sostanza, comunque, perché la qualità non gli appartiene: per ora resta l’ultimo centrocampista della rosa. Il baby argentino è finalmente partito titolare, a causa delle indisponibilità di Pedro e Zaccagni, ma ha pagato il conto dal punto di vista fisico: il talento non si discute, ma se non viene abbinato alla forza è difficile emergere. Romero va rivisto per capire se è giusto investire 5 milioni per le commissioni del suo rinnovo oppure è meglio lasciar perdere. 
L’ultimo pensierino riguarda Luis Alberto, ancora titolare e ancora sorprendente per applicazione e dedizione alla causa. Nonostante le condizioni del terreno ha esibito le sue grandi qualità di palleggiatore e uomo assist aggiungendo l’inedita capacità di soffrire. Il merito va dato a Sarri ma il cambiamento dimostra anche che alla fine la Lazio è nel cuore dello spagnolo più di quanto sembri dai suoi atteggiamenti burrascosi. 


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