Romagnoli, laziale e sarrista. E quella battuta a Mourinho…

Ha vissuto un derby infinito, il tecnico lo ritiene un difensore «perfetto» per il suo calcio
Romagnoli, laziale e sarrista. E quella battuta a Mourinho…© Getty Images
Daniele Rindone
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ROMA - Nella Treccani, enciclopedia del sapere, adesso dovrebbe entrare anche la definizione di “difensore sarrista” sotto la voce Alessio Romagnoli. E’ stato Sarri in persona a magnificare il difensore bandiera dopo un derby monumentale: «Romagnoli per noi è una pedina importantissima, sembra nato apposta per difendere così. È diventato la guida degli altri, sono cresciuti tutti. E’ nato per giocare come gioco io, ha avuto un inserimento velocissimo rispetto ad altri difensori che ho allenato. E’ un ragazzo molto evoluto, si applica con continuità». E’ una medaglia sul petto. Concluso il dottorato calcistico, Romagnoli può autodecantarsi. Sul curriculum, da domenica, ha aggiunto la partecipazione al master sarrista. Che Sarri avrebbe fatto al suo caso l’aveva capito subito in estate: «E’ un gioco più tattico. Con Pioli c’era più uno contro uno a tutto campo, qui c’è un gioco diverso, più adatto a me e che mi piace di più». S’è calato nel ruolo di alfiere laziale e di fautore del sarrismo.

La guida

Alessio Romagnoli, gigante della lazialità, fede da letteratura, una vita da derby, è la guida della seconda difesa del campionato, di un reparto che può vantare 16 clean sheet (solo il Barcellona di più, 18) e che ha negato il gol alla Roma in due derby su due, non accadeva (con due vittorie) dal 1972-73, era l’epoca di Maestrelli. Alessio Romagnoli è il tifoso che si fa giocatore: «Ho sognato un esordio così nei derby, vincendone due. Non ci sarà un terzo derby per la Roma se non sbaglio, giusto?». La battuta è valsa il supplizio capitale per Mourinho, il contrappasso più crudele. Le parole di Romagnoli sono diventate subito topic, una sequenza da memoria, solo un laziale vero può gustarne il sapore. Il suo derby è stato infinito, è proseguito negli spogliatoi. La scintilla della baraonda scoppiata dentro l’Olimpico è nata da un diverbio scatenato da Mancini alla vista di Romagnoli, reo di essersi goduto troppo la vittoria.

L’esempio

Romagnoli è un sarrista nato, il prototipo del difensore ideale di Mau, perché è veloce, è tecnico, è fisico, è moderno. Ha conquistato di nuovo la fiducia di Mancini e punta dritto alla Champions: «Il segreto del lavoro difensivo? Serve un grande lavoro di squadra. Io cerco di dare il massimo per la Lazio. L’ho sempre vista come un grande gruppo. Ha qualità ed è forte. Sono contento di tornare in Nazionale ma ancora penso al derby e me lo godo», ripeteva domenica. Sarri gli ha trasmesso le direttive e Romagnoli le ha trasferite ai compagni: «La solidità? Lavoriamo tanto di reparto, tutti insieme. Chiunque gioca si trova bene. Tutti sanno quello che devono fare. Guardo la classifica e…? Dico che è ancora lunga. Mancano tante partite ancora. Vedremo al terzo derby. Faremo tre su tre». Ha riacceso la sfida così. Con Romagnoli non si passa e non le fa passare. Per lui è derby da sempre, tutto l’anno.


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