Lazio, il valore di una festa

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Lazio, il valore di una festa© LAPRESSE
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Stefano Chioffi

ROMA - La Lazio deve comprendere il valore di questo momento: non può fermarsi davanti agli applausi e ritenerli la cima del suo Everest, ma percepire le prospettive di crescita che le offre la qualificazione in Champions. Prestigio e ricavi. Cinquanta milioni da investire con intelligenza e razionalità. Trovando una sintesi tra l’impronta manageriale che le ha permesso in questi anni di restare ai vertici senza indebitarsi e le ambizioni legittime di una tifoseria che chiede più potere decisionale da riconoscere a Sarri sul mercato. C’è una verità inconfutabile: la gente nutre una fiducia assoluta nei confronti del tecnico, si sente tutelata dalle sue idee. Ecco perché questa domenica di feste e celebrazioni deve contenere anche la ferma volontà, da parte del presidente Lotito, di sottoscrivere un nuovo contratto morale con i laziali, dopo aver salvato nel 2004 il club dal fallimento e averlo rilanciato, vincendo sei trofei. L’impegno da sottoscrivere è quello di affidarsi in modo totale alla competenza di Sarri per compiere un altro salto di qualità. E di studiare, in parallelo, una serie di iniziative a livello di campagna abbonamenti per favorire altri sold out all’Olimpico e rafforzare il legame con le famiglie: un capitale immenso da non disperdere.  

 Sarri e il mercato

Sarri è la garanzia. Riesce a moltiplicare, a tradurre in certezze, le potenzialità di ogni giocatore. Quattro esempi: l’evoluzione di Zaccagni, la regolarità di Felipe Anderson, l’impatto di Casale, il rendimento di Provedel. Ha chiesto acquisti mirati per la prossima stagione: giusto che abbia la facoltà di individuarli, di sceglierli, nel rispetto di un budget da concordare con la proprietà. Servono condivisione e chiarezza. È una Lazio che ha l’obbligo di sciogliere presto anche il nodo relativo al futuro di Milinkovic. Affetto e riconoscenza sono sentimenti reciproci, tra Sergej e i laziali. A Roma è diventato per tutti il Sergente. Mai un comportamento sbagliato. Comprensibile il desiderio che voglia vivere, dopo otto anni, qualche nuova esperienza. Ma Lotito, prima di arrendersi, dovrà fare un altro tentativo e provare a prolungargli il contratto in scadenza nel 2024, come auspica Sarri, oppure garantire al tecnico l’arrivo di Zielinski al posto del serbo.  

La questione Tare

Un capitolo fondamentale riguarda Tare, che è arrivato a Roma nel 2005 e ha instaurato con la Lazio lo stesso rapporto di amore e dipendenza che avevano Ferguson con il Manchester United e Wenger con l’Arsenal. Da direttore sportivo ha firmato grandi colpi. Non solo Milinkovic, Luis Alberto, Immobile, Zaccagni, ma anche Klose e Leiva. Senza dimenticare De Vrij, Hernanes, Candreva, Lulic, Biglia, Keita, Correa, Luiz Felipe. Intuizioni brillanti e qualche inciampo come Muriqi (che ha segnato però venti gol nel Maiorca), Vavro e Durmisi. Una percentuale di errore che appartiene al rischio d’impresa, considerando la limitata forza economica della società. Non è un caso che Maldini avesse pensato a Tare per ricostruire il Milan. Tra il ds e Sarri, però, non è mai nato un feeling. È mancata quella complicità che fa la differenza in un rapporto tra professionisti. Letture diverse in termini di progettualità. Opinioni spesso in contrasto. “Abbiamo caratteri forti, ma ci unisce l’affetto per la Lazio”, ha detto qualche giorno fa il dirigente albanese, che sta valutando la possibilità di andare via al termine del campionato. Lotito riflette, è incerto, ha un compito delicato. La logica impone che a prevalere siano gli interessi supremi del club. Si tratta davvero di una incompatibilità così profonda da determinare la fine di un rapporto? Confrontarsi e capire è un dovere. Magari organizzando una cena per festeggiare la Champions. L’errore più grave sarebbe ripartire tra equivoci, compromessi e situazioni incompiute. Non solo per Lotito, Sarri e Tare. Ma soprattutto per la Lazio e i suoi tifosi.  

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