Lazio, l'autonomia non ha prezzo

Leggi il commento all'addio di Igli Tare, che lascia la Lazio dopo diciotto anni
Stefano Chioffi
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Non cercava un nuovo contratto, ma il rispetto della sua autonomia. Igli Tare non ha mai considerato la Lazio solo un rapporto di lavoro: uno stipendio. Quando ha capito che il suo ruolo avrebbe perso potere decisionale, a causa di una complicata convivenza con Sarri, ha preferito fermarsi. Mai avrebbe rinunciato alla libertà di scegliere un mediano o una mezzala. Non gli piaceva la prospettiva di diventare un esecutore, con una lista di giocatori in tasca. Perché gli acquisti di Milinkovic e Luis Alberto sono nati proprio seguendo il suo istinto da esploratore, la sua capacità di inventare la soluzione giusta, in linea con i parametri del bilancio. Sul mercato è riuscito spesso a comprare ostriche e caviale senza un budget per cerimonie faraoniche. Ha saputo, in diversi periodi della sua avventura romana, leggere le potenzialità di un giovane o di un talento da rilanciare. Ha dimostrato che la competenza può spostare gli equilibri. È riuscito a garantire ricchezza, benessere e plusvalenze attraverso le sue intuizioni. Ha convinto Klose e Leiva a rimettersi in gioco nella Lazio dopo che il tedesco aveva lasciato il Bayern e il brasiliano si era svincolato dal Liverpool.

I colpi di Tare alla Lazio

Ha firmato colpi che hanno aiutato il club di Lotito a cambiare tenore di vita: Immobile, Zaccagni, Felipe Anderson, Hernanes, Keita, Correa, Biglia, Lulic, De Vrij, Marusic, Basta, Luiz Felipe, Caicedo. Certo, in quindici anni da direttore sportivo non sono mancati gli errori: Muriqi, Vavro, Durmisi, oppure Gentiletti, Alfaro, Wallace e Valon Berisha. Il mercato del calcio non conosce razionalità. Sbagliare rientra nelle incognite di un affare. Dietro un flop si possono nascondere tanti fattori. L’Inter, nel 2016, aveva speso trenta milioni per Gabriel Barbosa: il centravanti fu bocciato dopo 111 minuti di Serie A, ma poi ha vinto due Coppe Libertadores con il Flamengo. Il Milan, in passato, aveva scoperto e scartato Vieira e Aubameyang. Il peccato più grave, adesso, sarebbe giudicare il lavoro di Tare mettendolo in contrapposizione con quello di Sarri, dopo il secondo posto e la qualificazione in Champions. Hanno provato a convivere per due anni, si sono scontrati, hanno difeso le loro posizioni, sempre nel rispetto della sacralità della Lazio, anche quando le distanze erano profonde.

Tare, Sarri e quel feeling mai nato

Il feeling non è mai nato: inutile raccontare favole. Ecco perché Tare ha deciso di fare un passo indietro. Dieci righe di comunicato per salutare e ringraziare. Uno stile asciutto, le parole hanno un valore. Zero polemiche, la voglia di uscire di scena come un caro amico della Lazio. Altrimenti avrebbe accettato compromessi, barattando la sua indipendenza in cambio di un rinnovo. Invece non è sceso a patti con se stesso, l’autonomia non ha prezzo. Si porta via tanti ricordi. E qualche rimpianto. Uno è legato al difensore Kim, campione d’Italia con il Napoli: voleva acquistarlo nel 2020, quando il sudcoreano giocava in Cina con il Beijing Guoan. Ma il costo del suo cartellino era già troppo alto per il portafoglio della Lazio.


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