Lazio, la scalata Champions di Sarri

Un girone intero per risalire dall’ultimo posto a quota zero del 27 agosto (dopo due sconfitte) al quinto con un solo punto di ritardo dalla Viola

D all’ultimo al quinto posto. Un girone intero per tornare in quota Champions, a meno 1 dalla Fiorentina. Sarri, calando il poker e battendo il Lecce, ha completato la rimonta. Non basta, non può bastare. Il rischio si trasformi in un’illusione è fondata su dati oggettivi: la spedizione a Riyad per la Supercoppa interrompe la rincorsa e produrrà, inevitabilmente, degli scompensi. La Lazio si ferma per calendario e alla ripresa del campionato affronterà il Napoli. Le distanze aumenteranno di nuovo, costringendo ancora i biancocelesti a rincorrere, ma 33 punti dopo 20 giornate sono un fatto assodato. E pongono Sarri nella condizione di giocarsi l’obiettivo principale della stagione, un piazzamento Champions, da qui alla fine di maggio. Non era un evento pronosticabile sino a quindici giorni fa. Dietro c’è un lavoro enorme, faticoso e silenzioso, portato avanti a Formello durante un autunno pieno di ostacoli. Non basta mettere in fila i successi con Lecce, Udinese, Frosinone ed Empoli, favoriti anche da un calendario meno duro. La Lazio ha raggiunto la semifinale di Coppa Italia, eliminando la Roma nei quarti, e ha superato il girone di Champions (dopo aver fatto fuori Feyenoord e Celtic) centrando l’ingresso agli ottavi. Senza il gioco e una solida organizzazione tattica, non sarebbe stato possibile. Durante il cammino vittorie pesantissime su Atalanta, Fiorentina, Torino e Napoli confermavano lo spessore del gruppo, fiaccato dalla scarsa forma degli attaccanti e dalla cessione (pesantissima) di Milinkovic. Ai contestatori di Mau consigliamo di andare a contare i gol mancanti del serbo, di Luis Alberto, di Immobile, di Felipe e di Zaccagni per capire dove era nato il gap, tuttora esistente, con la stagione passata.


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Lazio, il nuovo equilibrio

Sarri ha sopperito con la concretezza (6 vittorie di corto muso), l’energia di Guendouzi e Rovella, la ritrovata compattezza difensiva, vero segreto del secondo posto. Le difficoltà nello sviluppo degli ultimi 30 metri sono ancora presenti, ma la Lazio le sta affrontando con un altro spirito. E’ cambiato tutto dalla notte del 27 agosto, dopo il ko interno con il Genoa, seconda giornata, ultimo posto a quota zero punti ex aequo con Empoli e Sassuolo. Merito del tecnico, della società e del gruppo, capace di ritrovare motivazioni. L’equilibrio, nella parte bassa dalle classifica, ha fatto il resto: 7 sconfitte sono tante, ma sono le stesse partite perse da Napoli, Atalanta e Roma. Una in più della Fiorentina. Il Bologna ne ha perse solo 4, pareggiando molto più delle concorrenti. 


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Lazio, la svolta

Mau si è ritirato su in quattro mosse. Si è persino adeguato, rovesciando antiche abitudini, smentendo quanti sostenevano non utilizzasse l’intero organico. Ha debuttato con Kamada, Guendouzi e Rovella sono diventati presto dei titolari, ha aggiunto Gila al pacchetto dei centrali, sta facendo sbocciare il talento di Castellanos e Isaksen. Dopo un anno di anticamera, nelle ultime partite ha scongelato anche Luca Pellegrini, integrando ogni nuovo acquisto. Una svolta nella gestione del gruppo allargato. E’ stato sorretto dalla cultura del lavoro e degli allenamenti, non ha mai sbandato o cambiato strada. Al cambio di modulo, per caratteristiche precise dei suoi giocatori e per come era stato allestito l’organico, non ha mai creduto. Non ritiene neppure che Luis Alberto possa agire da trequartista da 4-3-1-2 perché non ha il passo e la rapidità che occorrono. E una conversione di quel tipo metterebbe fuori causa Zaccagni, uno dei più forti. Sarri, rispetto ai primi due anni di gestione, non si sente più solo. E’ stato protetto e assistito dalla società. Una novità inusuale per chi conosce bene Formello e certe antiche consuetudini. Il vento è cambiato, altrimenti la Lazio e il tecnico non avrebbero resistito.


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D all’ultimo al quinto posto. Un girone intero per tornare in quota Champions, a meno 1 dalla Fiorentina. Sarri, calando il poker e battendo il Lecce, ha completato la rimonta. Non basta, non può bastare. Il rischio si trasformi in un’illusione è fondata su dati oggettivi: la spedizione a Riyad per la Supercoppa interrompe la rincorsa e produrrà, inevitabilmente, degli scompensi. La Lazio si ferma per calendario e alla ripresa del campionato affronterà il Napoli. Le distanze aumenteranno di nuovo, costringendo ancora i biancocelesti a rincorrere, ma 33 punti dopo 20 giornate sono un fatto assodato. E pongono Sarri nella condizione di giocarsi l’obiettivo principale della stagione, un piazzamento Champions, da qui alla fine di maggio. Non era un evento pronosticabile sino a quindici giorni fa. Dietro c’è un lavoro enorme, faticoso e silenzioso, portato avanti a Formello durante un autunno pieno di ostacoli. Non basta mettere in fila i successi con Lecce, Udinese, Frosinone ed Empoli, favoriti anche da un calendario meno duro. La Lazio ha raggiunto la semifinale di Coppa Italia, eliminando la Roma nei quarti, e ha superato il girone di Champions (dopo aver fatto fuori Feyenoord e Celtic) centrando l’ingresso agli ottavi. Senza il gioco e una solida organizzazione tattica, non sarebbe stato possibile. Durante il cammino vittorie pesantissime su Atalanta, Fiorentina, Torino e Napoli confermavano lo spessore del gruppo, fiaccato dalla scarsa forma degli attaccanti e dalla cessione (pesantissima) di Milinkovic. Ai contestatori di Mau consigliamo di andare a contare i gol mancanti del serbo, di Luis Alberto, di Immobile, di Felipe e di Zaccagni per capire dove era nato il gap, tuttora esistente, con la stagione passata.


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