Lazio, tra Sarri e Lotito è durata pure troppo

Leggi il commento all'addio del Comandante tra rimpianti e uno spogliatoio che non amava il suo allenatore
Franco Recanatesi
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Troppo è durata. Era scritto. Nozze farlocche. Neanche un don Rodrigo ad avvertire che “questo matrimonio non s’ha da fare”. I due sposi erano incompatibili, come il vino rosso con il pesce. Un allenatore prepotente e un presidente egocentrico. All’atto dell’ingaggio, nell’estate del 2021, il popolo laziale aveva maturato la grande illusione: se ha preso un allenatore di prima fascia vuol dire che Lotito pensa in grande. Immagino il sorrisetto dell’imperatore Claudio; immagino che a spingerlo a rischiare per la prima volta in vent’anni un nome così altisonante sia stato Mourinho, sì, insomma, il colpo più forte della moderna storia romanista. Prendi Mourinho? E io ti sbatto Sarri in prima pagina.

Rimpianto Lazio

Poteva essere, per la Lazio, il colpo del secolo, del nuovo secolo. Sarri veniva da un Napoli che a vederlo ti stropicciavi gli occhi, da uno scudetto con la Juve, da una Coppa Uefa con il Chelsea. Referenze da big. 
E in effetti, anche cicca in bocca, big pareva: un anno di rodaggio, poi Lazio vice campione d’Italia. È qui che Lotito ha steccato e che l’unione impossibile ha mostrato crepe profonde. Anziché approfittare della Champions e di un “comandante” di prestigio, per dare finalmente la scalata all’alta classifica, il comandante unico ha intascato gran parte del denaro piovuto dal cielo, scansando ogni desiderio del proprio allenatore. Berardi? No, Isaksen. Milik? No, Castellanos. Zielinski? No, Kamada. Non siamo al Vignaroli del 2007, gran rinforzo per la Champions ma quasi. 
Poi Sarri ci ha messo del suo, ripetendo dopo ogni sconfitta (non poche) che voleva A e gli hanno comprato D, oppure - quando ha incontrato le grandi - che non aveva una rosa all’altezza. Irritando con queste tiritere sia la società che i giocatori: se l’allenatore ci ritiene delle pippe come pretende che vinciamo le partite? 

La squadra non amava Sarri

Invece di trarre il meglio dalla sua rosa senza petali, l’ha costretta per tre anni a giocare contro natura. Mai un passo indietro, mai una correzione del modulo più consona ai suoi uomini neanche se stava perdendo contro le piccole, idiosincrasia per le ultime della classifica (nessuna squadra tra le prime dieci ha perso tre volte con Lecce, Salernitana e Udinese).  
Al di là delle dichiarazioni di facciata, lo spogliatoio non ha mai amato Sarri. Si può amare chi disprezza il re e la regina? Chi richiama in panchina per primi Immobile e Luis Alberto per sostituirli con Kamada e il Taty che non valgono un loro alluce? 
Presidente-allenatore-squadra: il triangolo no, non l’avevo considerato (grazie Renato). Ma tanto il matrimonio era già andato a rotoli. 


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