Ma la Lazio è tutta un’altra cosa

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Massimiliano Gallo
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Quando Maurizio Sarri fu ingaggiato dal Napoli, nell’estate del 2015, era un tecnico “anziano” (56 anni) con un solo anno di Serie A alle spalle: a Empoli. Il suo approdo fu accompagnato da un diffuso scetticismo. Con lui cominciarono ad arrivare Hysaj, Valdifiori, si parlò a lungo di Saponara. Venne coniato il termine “empolizzazione”. Che somiglia tanto allo stato d’animo che si respira oggi tra i tifosi della Lazio comprensibilmente preoccupati per i calciatori obiettivi di mercato del club che Lotito ha affidato alla guida di Baroni. Dall’empolizzazione alla veronizzazione è un attimo.
Baroni (61 anni) è una buona scelta. Intelligente. È un tecnico che paga la mancanza di charme. Non buca il video. Aspetto che purtroppo è considerato una lacuna in un tempo in cui la forma viene confusa con la sostanza. È un nome che non scalda i tifosi. Ma è un allenatore che sa fare il suo lavoro e che da tre stagioni non fallisce un obiettivo. Promozione con il Lecce. Salvezza con il Lecce. E poi salvezza col Verona, addirittura al tredicesimo posto. Con un club in difficoltà economiche e con una squadra rivoluzionata nel mercato di gennaio. Baroni non ha fatto una piega. Non si è lamentato. Ha lavorato in silenzio (en passant ricordiamo che con lui Folorunsho è arrivato agli Europei) e forse anche questo oggi ha una connotazione negativa.
Baroni va benissimo, è una scelta poco mainstream ma studiata. In più, sa lavorare nelle difficoltà. Siamo d’accordo con Lotito. Decisamente meno d’accordo, invece, con la veronizzazione. In quel Napoli, Sarri poteva contare su Higuain, Callejon, Mertens, Koulibaly eccetera. Al di là di manifestazioni annunciate, i tifosi della Lazio hanno in questi anni metabolizzato il passaggio al cosiddetto calcio contabile. Ma l’aspetto romantico ha comunque il suo valore. La sua importanza. Ciascuno di noi ha tra i suoi ricordi più cari anche le formazioni che ha sempre immaginato durante il calciomercato. E con tutto il rispetto ci sembra ovvio che nessun ragazzino o nessun adulto si emozioni a scrivere sul bloc notes i nomi di Cabal, Doig, o magari Noslin. È vero che in pochi conoscevano il valore di Milinkovic-Savic o Luis Alberto. Ma anche l’orecchio (non solo l’occhio) vuole la sua parte. Senza dimenticare che Baroni ha diritto a lavorare in un ambiente che non sia sul piede di guerra. Basta poco per riaccendere una piazza. Lotito vive da troppi anni il mondo del calcio, e quello della Lazio, per non saperlo.


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