Derby Lazio-Roma, così se la giocherà Sarri

Il tecnico dei biancocelesti, costretto a rivedere il suo concetto di calcio, va in cerca di concretezza: ecco come sta preparando la stracittadina
Daniele Rindone

ROMA - La desarrizzazione di Sarri è la conseguenza del nome mutato nel suo contrario: è passato dal dilettevole all’utile, dalla costruzione dal basso al lancio lungo, alla sponda o al contropiede, dalla Grande Bellezza alla grande concretezza.

Lazio non ancora 'sarrizzata'

È rimasta l’idea di sveltezza nel palleggio a uno-due tocchi, ma la sarrizzazione della Lazio non è ancora avvenuta, è rimandata a tempi migliori. Oggi aspetta e riparte anche Mau, quando è necessario. Cerca la profondità verticalizzando subito, quando è possibile. Ha dovuto rivedere il senso del possesso palla, di cui sono pieni i suoi libri di dottrina. Meno qualità, più velocità. È la Lazio che allena. Polvere di stelle: non ha più Felipe, Sergej, Luis e Ciro. Ha Taty che è un centravanti-pivot più che un uomo-gol e prova a sfruttarlo per caratteristiche. Ha Tavares e Dele-Bashiru, due ad alta velocità, ma che faticano ad entrare nei suoi meccanismi difensivi (Tavares) e offensivi (Dele-Bashiru). Ha Zaccagni a corrente alternata. Sarri dopo Como ha raccolto «numeri da Serie C». Dopo il Verona ha aperto ad un gioco di «palleggio e gamba»: «Il palleggio serve per aprire spazi e attaccarli con giocatori oltre i 30 km all’ora». Col Sassuolo ha rivisto la Lazio correre e palleggiare all’indietro: «La Lazio in questo momento è una squadra non abituata a mantenere le distanze, deve pensare tanto e perde naturalezza, brillantezza e tempi di gioco. Speriamo che pensare troppo finisca nel momento in cui l’essere ordinati diventa routine. Sviluppiamo con tempi troppo lunghi, prendiamo poche iniziative negli ultimi metri». Ha chiesto pazienza. La Lazio, dopo tre turni, ha lanciato in media 40 volte. Le sponde (sempre in media) sono 17,67. Le verticalizzazioni 178,33. Sarri deve moltiplicare i tiri nello specchio (3,33 di media). Ecco il mix di cui parla.

 

 


© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Lazio

Mau specialista del derby

Storceranno il naso i discepoli di Mau, ma oggi come oggi deve badare al sodo, chi non lo farebbe al suo posto? Deve farlo ancora di più preparando il derby. Il primo lo ha vinto il 26 settembre 2021, quattro anni fa (3-2) contro Mourinho. Sarri era partito vincendo a Empoli e contro lo Spezia, poi il ko col Milan e i pareggi contro Cagliari e Torino. Il derby lo preparò diversamente, derogando da alcuni concetti. Le chiavi di quella vittoria si ricordano: niente pressing esasperato, niente baricentro alto, avvio aggressivo sì, senza sbilanciamenti. Fu una Lazio equilibrata, accorta nella gestione. Manovra profonda, verticale, votata al contropiede com’era stata quella di Inzaghi. Mau è diventato lo Special derby vincendone in tutto 4 su 6 (un pari e un ko contro Mourinho). Il record, Coppa compresa, è di Maestrelli ed Eriksson (5). «Il derby è la partita più difficile che ho vissuto, è a parte», è uno dei suoi slogan, ripetuto per preparare il prossimo.

Sarri-Gasperini, un duello lungo 20 anni

Lotito e Fabiani lo hanno richiamato da “aggiustatutto”, sfruttando la forza del nome e del suo gioco, dei suoi insegnamenti, utili per ripotenziare la squadra e far migliorare i giovani. «Se la squadra non è adatta a me, ha sbagliato chi mi ha chiamato», la stoccata del Comandante. Non sapeva del blocco totale, immaginava di poter sacrificare un pezzo da novanta per acquistare giovani talenti e big pronti. È rimasto fregato, aveva già firmato e per amore ha confermato la decisione. Oggi è Sarri la chiave-derby della Lazio. Con Gasp si sfidano dal 2005, ormai sono 20 anni, partirono dalla B, da Crotone-Pescara. Mau è uno dei pochi che spesso, andando dal “dentista”, si è tolto soddisfazioni. Risfiderà Gasp (che sta vivendo una parabola simile) con il sarrismo da contropiede, pensato per bucare difese come un trapano.

 

 

 


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ROMA - La desarrizzazione di Sarri è la conseguenza del nome mutato nel suo contrario: è passato dal dilettevole all’utile, dalla costruzione dal basso al lancio lungo, alla sponda o al contropiede, dalla Grande Bellezza alla grande concretezza.

Lazio non ancora 'sarrizzata'

È rimasta l’idea di sveltezza nel palleggio a uno-due tocchi, ma la sarrizzazione della Lazio non è ancora avvenuta, è rimandata a tempi migliori. Oggi aspetta e riparte anche Mau, quando è necessario. Cerca la profondità verticalizzando subito, quando è possibile. Ha dovuto rivedere il senso del possesso palla, di cui sono pieni i suoi libri di dottrina. Meno qualità, più velocità. È la Lazio che allena. Polvere di stelle: non ha più Felipe, Sergej, Luis e Ciro. Ha Taty che è un centravanti-pivot più che un uomo-gol e prova a sfruttarlo per caratteristiche. Ha Tavares e Dele-Bashiru, due ad alta velocità, ma che faticano ad entrare nei suoi meccanismi difensivi (Tavares) e offensivi (Dele-Bashiru). Ha Zaccagni a corrente alternata. Sarri dopo Como ha raccolto «numeri da Serie C». Dopo il Verona ha aperto ad un gioco di «palleggio e gamba»: «Il palleggio serve per aprire spazi e attaccarli con giocatori oltre i 30 km all’ora». Col Sassuolo ha rivisto la Lazio correre e palleggiare all’indietro: «La Lazio in questo momento è una squadra non abituata a mantenere le distanze, deve pensare tanto e perde naturalezza, brillantezza e tempi di gioco. Speriamo che pensare troppo finisca nel momento in cui l’essere ordinati diventa routine. Sviluppiamo con tempi troppo lunghi, prendiamo poche iniziative negli ultimi metri». Ha chiesto pazienza. La Lazio, dopo tre turni, ha lanciato in media 40 volte. Le sponde (sempre in media) sono 17,67. Le verticalizzazioni 178,33. Sarri deve moltiplicare i tiri nello specchio (3,33 di media). Ecco il mix di cui parla.

 

 


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