È stato un classico divorzio all’americana: senza discussioni, scambio di idee e/o opinioni né confronto sui piani futuri e sui motivi effettivi della fine del rapporto di lavoro. Gerry Cardinale si è comportato da algido proprietario del Milan, poco affascinato dal passato glorioso di Paolo Maldini avendo sotto gli occhi il risultato tecnico ed economico della stagione, vissuta dal direttore tecnico rossonero in regime di piena autonomia. E i risultati iscritti sui libri contabili di RedBird sono stati tre: semifinale Champions (giudizio eccellente); campionato, giudizio insufficiente (5° posto sul campo, 4° per la penalizzazione della Juve); meno 50 milioni investiti sul mercato (la cifra più alta della serie A) senza alcun beneficio per il team (si è salvato solo Thiaw costato 8 milioni, ndr). A ben vedere però la frattura tra il fondo americano del Milan e il mondo Maldini non è di ieri nè di ieri l’altro ma è lontano esattamente un anno e qualche giorno.
Maldini-Cardinale, i motivi dell'addio
Perché Gerry Cardinale, appena sbarcato a Milano quale nuovo proprietario (poi il passaggio ufficiale si sarebbe celebrato a settembre), si è ritrovato dinanzi a questo bivio: da una parte lo scudetto vinto contro ogni pronostico con festa di popolo per le strade della metropoli lombarda, dall’altra Paolo Maldini il quale, con una pungente intervista, randellava Ivan Gazidis reduce da una malattia, si candidava a garante del milanismo presso la tifoseria, invocando autonomia completa sul mercato, strappata solo per salvaguardare il clima festaiolo e raggiunta l’ultimo giorno utile, 30 giugno 2022 (con aumento dello stipendio da 3 a 4 milioni). Più o meno identico, con toni più felpati questa volta, il dissidio emerso dopo l’eliminazione dalla semifinale di Champions con l’Inter, persa nettamente. Allora Paolo Maldini sostenne che “per competere sui due fronti ci vogliono investimenti come sanno i nostri azionisti” che significava bussare a denari presso il fondo, da sempre schierato sulla linea del “calcio sostenibile” e del “moneyball” d’ispirazione tipicamente americana. Come sovrapprezzo spiegò che “sarebbe stato facile prendere Dybala”, trattativa intrapresa dall’ad Furlani e poi interrotta per non rompere la tregua con l’area tecnica. Al suo posto, costato 35,5 milioni è arrivato CDK che vorrebbero sbolognare, ammesso di trovare un acquirente. Non solo. Solo i distratti non avevano colto, dietro le quinte, un altro dissidio consumatosi intorno al destino di Stefano Pioli e della sua panchina. Nelle ore successive alla sconfitta con lo Spezia, quando cominciava a complicarsi la corsa del Milan alla Champions e Maldini stesso si sentiva sotto attacco leggendo un giorno sì e l’altro pure, che il suo mercato veniva bocciato all’unanimità da tifosi e osservatori, c’è stato un confronto molto aspro tra lui e Stefano Pioli che lasciava immaginare - a molti addetti ai lavori - un possibile esonero dell’allenatore a fine campionato in caso di mancata Champions.
La fiducia in Pioli e la scelta su Maldini
Qui la proprietà, informata, è intervenuta con decisione facendo arrivare da New York una sorta di avviso ai naviganti: Pioli non si tocca! Che Paolo Maldini, celebrato da fuoriclasse in campo e da dirigente dopo lo scudetto, soffrisse l’ampia platea di critiche al suo mercato, è confermato anche da un altro particolare rimasto sotto traccia. A un certo punto ha chiesto al club di poter assumere un portavoce personale che curasse i rapporti con i media, richiesta respinta al mittente con una motivazione anche qui molto secca (“se proprio insiste, se lo paghi lui!”). Così si spiega una serie di interviste non calcistiche durante le quali ha raccontato retroscena del suo lavoro svolto a Milanello. In mancanza di un addetto stampa personale, in suo soccorso sono arrivati un po’ di amici (Bobo Vieri), ex sodali tra i quali Leonardo che lo chiamò al Milan dopo l’arrivo di Elliott a casa Milan in attesa del trasferimento di Gazidis dall’Arsenal a Milano. L’ex dg del Psg, partecipando alla serata dedicata alla presentazione del libro di Galliani, ha rilasciato una intervista per difendere l’operato di Maldini (“l’unica anomalia è questo “cici-cocç” che sento al Milan”) facendo chiaramente intendere che le critiche provenivano dal fronte della proprietà (“ma chi è questa…”). Non a caso è stato proprio Leonardo a improvvisarsi portavoce di Paolo lunedì sera per far circolare il reale andamento dell’incontro con Cardinale, molto breve nel tempo, senza alcun confronto. Ieri negli uffici di casa Milan si è presentato Ricky Massara, il ds, dirigente di ottima levatura mentre Maldini è rimasto in disparte in attesa del comunicato che il club ha reso ufficiale nel pomeriggio di ieri.