Milan, il piano Cardinale e i mercati: ecco lo scenario sul futuro del club

Voci di trattative, conti e arabi forse interessati. E di mezzo c’è anche il progetto del nuovo stadio…
Alessandro F. Giudice
4 min

Le voci di trattative Pif-RedBird per l’acquisizione del Milan secondo alcuni, per l’ingresso con una quota di minoranza secondo altri, non trovano conferme. Intanto andrebbe chiarito se i sauditi entrerebbero nel Milan o nel veicolo controllante, la holding olandese ACM Bidco. La differenza non è ininfluente ma su questo le voci divagano. 
Secondo ricostruzioni molto popolari, Cardinale dovrebbe rimborsare a Elliott il vendor loan (600 milioni) ottenuto nel 2022 per finanziare l’operazione Milan. Perché dovrebbe accelerarne il rimborso non è chiaro: manca un anno e mezzo e non risulta che i rapporti si siano deteriorati (Gordon Singer è nel CdA rossonero). Peraltro, il creditore non ha facoltà unilaterale di accelerare il rimborso e lo stesso Cardinale ha ribadito – in interviste e in un colloquio informale con noi – di non essere così sprovveduto da legarsi le mani con un prestito a 18 mesi. Qui occorre una precisazione. 

Milan, tutti i conti

Nelle acquisizioni, il debito è una componente normale: i Glazer finanziarono l’acquisto dello United con debiti consistenti nella controllante e nella controllata. Esistono varie forme e varie gradazioni di leva: quella scelta da RedBird (50% debito, 50% capitale) non è particolarmente spinta. Jim Ratcliffe ha assunto il controllo dello United acquistandone il 25% in varie forme: una struttura complessa con diverse classi di azioni e debito. Inoltre, tra le fonti della struttura finanziaria, il debito non è la più costosa: il tasso del vendor (8%) non è oneroso alla luce dei successivi rialzi di tassi. Il capitale degli azionisti è forma di finanziamento più costosa perché chi lo apporta (sottoscrivendo quote di un fondo speculativo) si attende ritorni in doppia cifra. Sostituire debito con equity prima del dovuto non ha dunque senso. Gerry Cardinale non ha mai negato l’interesse a sviluppare relazioni con investitori potenziali né ha nascosto una cosa alquanto ovvia: il Medio Oriente è uno dei serbatoi mondiali di capitale. Il sistema produttivo americano, il più grande generatore di opportunità di investimento, raccoglie da sempre capitali dalle aree mondiali in cui il risparmio si forma: in tempi remoti il Giappone, poi la Cina, oggi il Medio Oriente in cui esistono realtà molto diverse. Spesso si parla, in modo inappropriato, di “arabi” con riferimento a paesi eterogenei: l’Arabia Saudita non è Dubai, né il Qatar, né Abu Dhabi.  

Le mosse di Cardinale

Obiettivo di Cardinale (come ha sempre affermato) non è solo trovare capitali ma individuare opportunità strategiche di partnership per sviluppare legami commerciali che aiutino a incrementare i ricavi o accrescere il profilo del brand. Come gli Yankees: non portatori di soldi ma detentori di un marchio leggendario. Infine, il Milan non assorbe cassa. Nel 22/23 ha creato 78 milioni di liquidità, reinvestiti nel mercato e in rinnovi contrattuali. Quest’anno la formazione di cassa scenderà ma Cardinale ha già spiegato che investirà ogni euro nella crescita tecnica della squadra. A che servono nuovi capitali che il Milan non può impiegare, dovendo mantenere (come tutti) un rapporto costi/ricavi coerente coi limiti del Fair Play, rispetto al quale ha sottoscritto un settlement agreement? Infine, per le regole Uefa, Pif non può acquistare un altro club di Champions, possedendo già il Newcastle (che non va neanche tanto bene). Altra cosa sarà, ovviamente, il progetto stadio. Le sirene arabe sono sempre suggestive per chi cerca notorietà. Aiutano a scalare i social perché un retaggio diffuso associa il miraggio di azionisti facoltosi alla capacità di spese faraoniche. L’obiettivo del Milan e di altri club di Serie A è aumentare i ricavi, colmare il gap rispetto ai concorrenti degli altri campionati. Più che arabi servono proprietà capaci.  


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