Intervista esclusiva al Pampa Sosa: "Napoli, un giorno ti allenerò"

«Spero che questo momento difficile passi in fretta. Io sono italiano, un napoletano d’Argentina e mi fa male vedere cosa sta succedendo. Tutti insieme ne usciremo presto»
Intervista esclusiva al Pampa Sosa: "Napoli, un giorno ti allenerò"
Antonio Giordano
4 min

«El Pampa», senza più nome e né cognome: el Pampa come l’amico della porta accanto o un fratellino (diremmo fratellone) comparso all’improvviso, come un amico, uno di voi. E da Udine ad Ascoli, da Messina a Napoli e poi via via in questo lunghissimo viaggio, vent’anni circa, quasi mai nessuno che lo chiamasse Roberto oppure Sosa. Solo i telecronisti, forse,perché «el Pampa» ha vissuto tra la gente, mica solo per la gente. «E l’ultima partita che ricordo di aver visto in uno stadio, al San Paolo, fu Napoli-Frosinone, quella della triplettae del record del Pipita. Ero chiaramente in curva». Ne ha fatta di strada, eh sì, in un Paese che gli è rimasto dentro, e che ora attraversa per intero, in quel lento zigzagare della memoria fissando nel suo calcio possente e irregolare, però autorevole o forse quasi autoritario, ciò che si portò addosso per un bel po’, stampato sulla maglia che tiene con sé anche a La Plata. «C’era scritto: chi ama non dimentica, frase presa a prestito dai ragazzi della curva B del San Paolo che penso che sia adatta soprattutto adesso, in questa fase difficile della nostra vita: ce la faremo, ce la farete. Qui in Argentina c’è quarantena, ma la situazione sembra sotto controllo. Mentre leggo dell’Italia stravolta nel dolore e ne soffro sul serio: spero che passi in fretta e che tutto ciò possa solo essere un ricordo, seppur doloroso».

La chiameremo “tano”, Pampa, sapendo di non sbagliare.

«Direi che ci sta: i miei nonni erano della provincia di Chieti, io sono un italiano ma anche un napoletano d’Argentina, grazie a Raffaella, la mia compagna che è partenopea. Sono arrivato a Udine nel ‘98, mi ci portò Pierpaolo Marino, che era venuto a seguire e Guglielminpietro in un Gimnasia- Boca, finito 0-1 con gol di Martin Palermo. E così fui l’erede Bierhoff , fresco capocannoniere».

Comincia lì quel suo lungo viaggio su e giù per l’Italia.

«Ascoli, Messina, Napoli, Sanremese e poi il supercorso di Coverciano, dove ho conseguito il patentino Uefa-Pro da allenatore e le stagioni da tecnico tra Sorrento, Savoia, Rionero, prima di rientrare qua in Patria».

Non ha smesso di girellare per il Mondo.

«Ero andato in Bolivia ad allenare al Ciclon de Carija e poi ci siamo fermati anche noi, com’è giusto che sia. Perché in questo momento tutto è secondario rispetto alla salute. So che in Europa si discute su quando ricominciare, ma in questo momento le priorità sono altre: quando sarà possibile farlo, si potrebbe pensare di iniziare da dove si è finito ma senza porsi limiti, semmai pensando a ricostruire un calendario diverso da quello attuale e chiudendo anche in inverno, per poi far ripartire la prossima stagione a gennaio 2021. Ecco, una stagione modello-Argentina». [...]

In questo clima di incertezza non le è vietato sognare.
«La panchina del Gimnasia o quella del Napoli, ovviamente. Quando mi chiedono dove sia il mio cuore, io penso a queste due società».

Da quanto tempo non viene da queste parti?

«Ultimo viaggio in Italia, a Napoli, per il Capodanno del 2019. E’ arrivato il momento di tornarci, per provarci come allenatore: ma non c’è fretta».

Leggi l'intervista completa nell'edizione odierna del Corriere dello Sport - Stadio


© RIPRODUZIONE RISERVATA