Napoli, lo scudo di Spalletti

Napoli, lo scudo di Spalletti© Getty Images
Antonio Giordano
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Tagsnapoli

Nello sconfinato vocabolario del calcio moderno, un Devoto-Oli de noantri nel quale già convivono sottopunta, ripartenza e intermedio, entra di diritto anche «spaventatori», sostantivo che Luciano Spalletti lancia nel dizionario con l’astuzia di chi ha afferrato il senso già estremo della sua nuova esistenza. Nei suoi cento giorni partenopei, conditi da una sobrietà assoluta, il linguaggio, pure quello del corpo, di quell’uomo che «vede fantasmi ovunque» - e che adesso su quelle annotazioni del passato ci scherza - ha rappresentato una delle sue novità tattiche, assimilabile al turnover nelle partite, alla varietà del suo calcio palleggiato eppure verticale, alla rielaborazione di Fabian Ruiz centrale di riferimento; e forse per staccarsi - con l’incedere tosconapoletano - da un cliché insolito, riappropriarsi della sua verve e di una creatività pure dialettica, semmai per dare un’impronta compiuta e completa a questa sua ritrovata dimensione, forse per esorcizzare pure il timore che probabilmente ha avvertito dietro vaghe allusioni sui rischi dell’immediato futuro, Spalletti s’è concesso un neologismo che ha radici ironiche e che fotografano comunque la realtà da vivere.
     Le sette vittorie consecutive hanno illuminato d’una luce abbagliante quella città conquistata in appena tre mesi con un calcio che scalda e concede alla fantasia di lasciarsi andare e Spalletti, in questa ventata di freschezza che s’adagia sulle guance di Napoli ci ha messo se stesso, la propria autorevolezza, lo spessore nel domare quell’insoddisfazione di massa scatenata dal pareggio del 23 maggio con il Verona, la «sofferenza» per aver perduto la qualificazione in Champions League, la capacità di soffocare i retro-pensieri. E’ stato sostanzialmente sempre se stesso ma dentro un corpo diverso, probabilmente privato di quell’espressioni incisive o graffianti o semplicemente «provocatorie» che rappresentano auto-energia e si trasformano in uno scudo per chi gli sta intorno. Spalletti usa un calcio rock e lo è pure mediaticamente, non si rifugia nel manierismo e non è amante della banalità, e quando il gioco si fa duro - per sgomberare il campo dagli equivoci - si diverte allegramente a giochicchiare pure con le parole, per fronteggiare pericoli che s’annidano nel sottoscala. «Spaventatori» è un neologismo che restituisce compiutamente Spalletti al calcio e ciò accade nella città in cui è nato il «Sarrismo»: prossima frontiera, la Treccani. O anche no: c’è un’altra strada che la strategia del pensiero di Spalletti sta inseguendo. Lessico e nuvole...


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