Napoli, la cruna dell'ago di De Laurentiis

Napoli, la cruna dell'ago di De Laurentiis© Getty Images
Antonio Giordano
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Tagsnapoli

Essendo uomo di cinema, dentro una frase quasi convenzionale di Aurelio De Laurentiis si può persino scorgere una trama: «Grazie alla squadra, grazie a tutto lo staff, grazie a Spalletti che anche da lontano ha mandato messaggi importantissimi ai suoi ragazzi. Con tutte le assenze che ha avuto, il Napoli dimostra di essere una vera squadra da battere».  

Quel Napoli di Torino è (stata) una squadra prossima all’eroismo, ha racchiuso in sé il talento e il coraggio, ha espresso la genialità del proprio allenatore, ha finto di ignorare l’emergenza devastante che l’ha travolta - o di essa si è cibata - ha soffocato quella vigilia travolgente tra Asl e quarantene, paure e pericoli, poi è andata a ballare in faccia alla Vecchia Signora e l’ha tenuta ancora a cinque punti di distanza, che in realtà - infilando nel conteggio pure gli scontri diretti - diventano sei con vista sulla Champions. Le verità, talvolta, hanno varie facce, che nella sintesi riconoscente di Adl un po’ emergono e un po’ sfilano nella penombra, perché il Napoli di Torino è la testimonianza della fedeltà d’un progetto che in diciassette anni è andato sviluppandosi ed evolvendosi, è la bontà di un’idea che rilancia (anche) il lavoro sottile di Giuntoli, è la rappresentazione pure scenica della qualità assoluta di interpreti talvolta sottostimati, è un premio per un club che meriti ne ha ed è anche, incredibile ma vero, la cruna dell’ago nel quale sfilano una serie di paradossi che s’allungano sul futuro.  
 

Il Napoli dell’1-1 di Torino è «una squadra da battere» che ha il suo capitano leader che sta per salutare, dopo dodici anni, anche stimolato ma non solo, dall’offerta da capogiro dei Toronto; è un impianto moderno che potrebbe ritrovarsi però tra un po’ senza un portiere (Ospina), pure lui in scadenza; è quella giostra del gol dalla quale potrebbe scivolare via il testimonial più raffinato, elegante e persino esuberante, in poche parole Sua Maestà Mertens; è uno spazio che andrà svuotandosi della sua stessa identità, con il prevedibile addio pure di Ghoulam, un altro della fantastica classe ‘91, quella che Benitez allestì per dar vita alla «europeizzazione». Nel pareggio di Torino non ci sono tenebre, è vietato scorgerne per tutto ciò che il Napoli ha saputo esprimere - caratterialmente, tecnicamente, tatticamente, collettivamente e singolarmente - ma questa è una notte passata, mentre tra i paradossi incombe già il futuro per una «squadra da battere». Ieri, oggi e domani. 


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