Napoli, la lunga onda azzurra

.
Napoli, la lunga onda azzurra© Getty Images
Antonio Giordano
3 min

Ci sono cento milioni di buoni motivi per porre drasticamente il Napoli dinnanzi ad uno specchio e verificare quanto e come, in appena trentaquattro giorni, la sua immagine si sia meravigliosamente “deformata”, dilatando in ampiezza una credibilità già percepita ma trascinata su livelli (quasi) siderali dal 7 settembre in qua. I numeri a volte hanno un’anima - o semmai la svelano - e basta intrufolarsi nelle statistiche senza starsene in superficie e leggerle per scoprire che a Cremona, una delle tappe di questo massacrante tour de force, la vocazione d’una squadra che Spalletti ha pennellato a propria immagine e somiglianza è emersa in tutto il suo splendore.

Dall’ultima volta in cui il Napoli si è perso dinnanzi alle strategie di contenimento altrui (31 agosto, 1-1 con il Lecce), è trascorso un tempo impercettibile che però sembra un’era geologica e adesso, otto vittorie dopo, mentre si rimettono assieme i gol (25 segnati, media da elettroshock per gli avversari: 3,125), si riscrivono anche le gerarchie, che sembravano incise sul marmo. Il calcio contemporaneo va di fretta, quello attuale viaggia alla velocità di Filippo Ganna o, per restare in tema, di Victor Osimhen, mister cento milioni di euro, che esce dal mercato come un top player custodito gelosamente, s’infila nel campionato con i suoi accecanti bagliori, resta meritatamente in quella dimensione stellare, induce alla disperazione più totale nel momento in cui è costretto ad accomodarsi in infermeria e poi scopre, sul lettino del medico, che esiste una vita pure senza di lui. Osimhen è una virtù, persino un dono, un talento di razza - un poulain, direbbero i francesi - è un valore assoluto e anche aggiunto, e non è intorno a lui ma su alcune tesi estreme che il travolgente Napoli-Europeo di Spalletti s’è “accanito”, deliziosamente e pure perfidamente.

Quest’onda anomala che s’è abbattuta sul campionato e pure sulla Champions, ha avuto il potere di superare - persino quasi di dimenticare - l’assenza del calciatore che, solo un mese fa, veniva ritenuto prossimo alla Santità, perché insostituibile: Raspadori e Simeone, il vice ed il vice del vice, hanno provveduto, attraverso il calcio magnetico di Spalletti, a raccontare cosa si nasconda dietro quest’attacco ampio, vario che si sviluppa con respiro internazionale, quali siano le sue variabili e quali le capacità interpretative che l’hanno portata a sopportare la soglia del dolore con un sorriso largo di chi osserva il proprio universo dall’alto.


© RIPRODUZIONE RISERVATA