Napoli, muro Meret: il bambino prodigio ora è un gigante

Dalla scalata nelle nazionali giovanili alla scelta azzurra. E pensare che in estate stava quasi per andare allo Spezia...
Napoli, muro Meret: il bambino prodigio ora è un gigante© Getty Images
Antonio Giordano
4 min

NAPOLI - Al bambino prodigio, a un certo punto, è stato chiesto di crescere e d’imparare cose nuove: era rimasto all’età della pietra, se così si può dire, quella in cui ai portieri veniva semplicemente chiesto di usare le mani, parare, essere normali, pur diventando eccezionali. E Alex Meret, che ha avuto un’adolescenza da predestinato, dal giorno in cui uscì dalla Donatello per passare all’Udinese, aveva lasciato di sé nelle Valli, l’eco del proprio talento: «Il fenomeno è lui». Dall’Under 16 alla 17, dalla 18 alla 19, dalla 21 alla Nazionale maggiore, non c’era azzurro che fosse diventato tenebra, perché dal volto rassicurante, dalla quella espressione sempre solare, emanava certezze. Poi, una sera, quando Ancelotti non c’era più e Lukaku gli tirò una sassata addosso, le parole divennero come pietre e la panchina fu il rifugio al quale venne costretto da Gattuso: e non bastò vincere la Coppa Italia, infilandoci dentro il prodigio su Dybala dal dischetto per ribaltare le gerarchie, scolpite nel marmo.

La panchina è un ricordo

Il destino a volte inciampa tra i giudizi e pure con i pregiudizi e dopo essersene stato per un biennio all’ombra di Ospina, l’estate scorsa stava per uscire come un kamikaze su se stesso: per evitare quel venticello calunnioso, a Meret passò per la testa l’idea di spostarsi, di togliersi da quel vicolo cieco sferzato dalla tramontana e di provare altrove, a La Spezia ad esempio, che ci credette. Ma 'sti ragazzi di oggi hanno orgoglio e pure dignità e proprio quando ormai le carte parevano sul tavolo, con Ospina ch’era andato via e Navas che se n’era rimasto a godersi la Torre Eiffel, la vita comincia a diventare meravigliosa: «Chi l’avrebbe detto un’estate fa?». Alex Meret è cambiato dentro, forse anche fuori: adesso palleggia con disinvoltura, il tormento di Empoli è depositato nella cantina della memoria, e mentre il microfono di Kiss Kiss ne raccoglie le confessioni, i numeri sbalorditivi del Napoli gli appartengono, testimoniano che alla soglia dei 26 anni l’enfant-prodige s’è ripreso i guanti per strofinare sul passato. «Rispetto all’anno scorso, siamo diventati più maturi e questo è un bel passo in avanti. Il lavoro di Spalletti, che è un maestro, ci ha dato nuove sicurezze»

Numero 1

La valigia è rimasta sul letto e il lungo viaggio che Alex Meret intraprende ad agosto, quando s’abbassa la saracinesca del mercato ed alle sue spalle resta una porta definitivamente chiusa, introduce dentro un sogno: quindici reti subite, la miglior difesa in Italia e la terza in Europa dopo Barcellona e Newcastle; nove partite archiviate senza prendere gol; e una dimensione sconosciuta, elettrizzante, una favola senza confini che adesso approda in Champions: «C’è entusiasmo, il vantaggio è notevole ma noi procediamo con cautela, vivendo alla giornata, di partita in partita. E la Champions, adesso, aggiungerà ulteriori emozioni: affrontiamo l’Eintracht, avversario di spessore, però siamo reduci dai gironi, un percorso nel quale abbiamo stupito chiunque, e vogliamo andare avanti».

Occhio!

C’è un febbraio gelido, che anestetizza le illusioni, e dalla Cremonese («in Coppa Italia ci è andata male, vogliamo prenderci la rivincita») al Sassuolo e poi dall’Eintracht all’Empoli, la partita-madre della disavventura, sarà un attimo: quattro partite in due settimane per immergersi nel futuro. «Kim, Kvara, Osi stanno facendo una grande stagione, il merito è loro ma anche dei compagni che li mettono nelle condizioni giuste. Noi siamo consapevoli della nostra forza ma sappiamo che con così tante partite possono bastare un paio di episodi per cambiare tutto». C’è ancora un lavoro da completare, a mani nude...


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