Spalletti per la storia

Tra Coppa dei Campioni e Champions, il Napoli non è mai andato oltre gli ottavi. Con l’Eintracht la grande chance di entrare nel G8
Spalletti per la storia© Getty Images
Antonio Giordano
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La gloria, fosse anche passeggera, per ora è in fondo a questo tunnel che da Francoforte conduce a Napoli: saranno ventidue giorni appesi ad un (altro) sogno, verranno vissuti pensandole tutte e semmai anche sospettando che chissà, stavolta può essere diverso. Però la strada è come sempre perfida, lo racconta la Champions, la statura degli avversari, la loro autorevolezza che quando il gioco si fa duro consente di giocarsela senza paura: e chi ha vinto l’Europa League, appena un anno fa, sa come ci si immerge in questa tensione che può toglierti il fiato o semplicemente farti deambulare pericolosamente, strappandoti l’orientamento.  

L’Eintracht è un’insidia, lo racconta il suo recente vissuto, quella capacità di arrivare sino a Siviglia, liberarsi dei Rangers ma non prima d’aver eliminato, e in che modo, il Barcellona: però adesso c’è un Napoli diverso, non è solo talento e sacro furore, ci ha aggiunto una personalità spiccata e sembra abbia pure sempre fame. On the road, qualcosa può aggiungere Spalletti, che ai quarti di finale ci è arrivato due volte, mentre il Napoli spera di abbattere quel tabù che ormai lo accompagna da un bel po’, da sempre, da quando ci ha messo piede e in tutte le sue otto occasioni. La Champions non è solo soldi (e sono tanti), ma è prestigio, è felicità da spargere in una città che vorrebbe già lasciarsi andare e che però non può, altrimenti diventerebbe l’ennesima cartolina oleografica: quindici punti sulla seconda autorizzano a credere che probabilmente e quasi sicuramente un pezzo di quella cosa che nessuno pronuncia e si chiama scudetto possa essere sistemata vicino alla macchina per cucire; però la Champions, volete mettere, sa (saprebbe) di valore aggiunto.  

Il Napoli è uscito sempre troppo presto rispetto alle sue ambizioni, pure quando aveva Maradona: la prima volta si imbatté nel Real Madrid; la seconda, invece, nella tormentata notte di Mosca, con Diego che partì in ritardo, arrivò il giorno della partita, andò in panchina con la numero 16, entrò e però s’accorse che quella sarebbe stata la sua ultima partita europea, perché i pali furono maledetti.

Lucio sa

I quarti di finale il Napoli li ha visti veramente da vicino con Mazzarri, nel 2012, dopo aver battuto 3-1 il Chelsea all’andata: ma a Stamford Bridge, nei supplementari, il crollo rovinò la favola. Al Napoli di Benitez, invece, disse male la differenza reti ai gironi, chiusi con 12 punti - un record - diventati inutili per piccole disattenzioni fatali, nel corso dei tre mesi da Champions. Sarri, nel momento migliore del suo Napoli, dovette inginocchiarsi pure lui al Real Madrid; ad Ancelotti, che l’aveva portato agli ottavi, non venne concesso il piacere di affrontare il Barcellona, che pareggiò al “Maradona” (1-1) e poi, nell’estate del Covid, con la riapertura degli stadi (vuoti) ne fece tre al ritorno. Il Napoli la Champions l’ha ritrovata con Spalletti e le sei giornate del girone sono servite per allestire lo spettacolo, proiettato poi in campionato: cinque vittorie, una sola sconfitta (a Liverpool, negli ultimi dieci minuti, a qualificazione ormai ottenuta, a primo posto praticamente blindato), venti gol segnati, sei subiti. Ma per andare ai quarti, conviene chiedere a Lucio...


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