Ecco dove è stata la vera vita di Maradona

Il Campo Paradiso a Soccavo e l’immagine più delicata del Pibe de oro con la figlia Dalma
Ecco dove è stata la vera vita di Maradona© ANSA
Mimmo Carratelli
4 min

Diego è là, a grandezza naturale, sul muro di cinta del Campo Paradiso, a Soccavo, il regno dei palleggi di fantasia che accompagnarono il primo scudetto: è seduto su un pallone, davanti a lui Dalma gli offre una margherita. È l’immagine più delicata del pibe, fra i tanti murales in città, fissata dal “flash” tenero di un tifoso. È Diego nell’amorevole attenzione verso la sua bimba, gli occhi socchiusi, gli occhi dolci di padre, non quelli fieri e saettanti del fuoriclasse ribelle. Un momento di intimità del campione assoluto che tocca il cuore. Non solo per l’immagine che commuove, ma per il luogo, il Campo Paradiso, dove nacque la favola del pibe e del Napoli campione d’Italia, oggi solo macerie, erbacce e abbandono. Cancellato brutalmente un luogo simbolo degli anni felici. Fu il campo di allenamento aperto ai tifosi di quel Napoli magico. C’era anche una foresteria per i ragazzi della Primavera. Era un centro sportivo bene attrezzato.

Campo Paradiso

Suiveurs antichi dell’altro secolo siamo davanti a quello che resta del Campo Paradiso e alle immagini di Diego. Ecco il cancello arrugginito e chiuso. Al di là, il vialetto in salita lungo il quale, nei giorni difficili, il pibe cantava “Ferlaino è il mio padrone”, lo stesso vialletto dal quale, in un’auto giapponese, l’Ingegnere discese il 12 febbraio 2002, un martedì, lasciando il Napoli dopo 33 anni, un mese e dodici giorni, 26 allenatori ingaggiati, 14 direttori sportivi, 309 giocatori comprati. Non c’era ancora il turbinio delle radio private e delle emittenti televisive e seguivamo il Napoli con un ridotto manipolo di cronisti, Ciccio Degni, Vittorio Raio, Ciccio Marolda, Romolo Acampora, Nino Masiello, Bruno Buonanno, Angelo Rossi, Mimmo Malfitano. Spesso alcuni di noi erano ospiti nella sala-pranzo del Campo Paradiso, il tavolo dei giocatori lontano, noi in un angolo a gustare gli spaghetti, pomodoro e basilico, di Raffaele Maresca, il cuoco dello scudetto. Tutto un altro calcio, senza barriere tra noi e i giocatori. Ci sorvegliava amorevolmente il dottor Emilio Acampora, mentre Salvatore Carmando era sempre vicino al pibe. Tommaso Starace di Vico Equense distribuiva il caffè. Sentivamo addosso lo sguardo severo di Ottavio Bianchi.

Le immagini di Diego

Davanti alle macerie del Campo Paradiso ecco Diego che sale il vialetto d’ingresso, tante immagini del pibe a grandezza naturale, e il ricordo va alla folla che lo stringeva, a Bruscolotti che arrivava fiero come un dio greco, e Giordano, Carnevale, Claudio Garella enorme, Ciroferrara, Bagni con la sua faccia di indio emiliano, Moreno Ferrario che a ogni partita perdeva un po’ di capelli, Alessandro Renica alto e dritto come un fotomodello, Nando De Napoli col mento alla Totò, Ciccio Romano, e Caffarelli, e Volpecina, e Di Fusco. Gli eroi del primo scudetto. Carletto Iuliano, piccolo-grande ufficio-stampa del Napoli, dirigeva il “traffico” delle interviste. Ai margini del campo degli allenamenti, presenze, assenze, sortite improvvise e fantasie del pibe, le immagini di Diego animano e rallegrano il Campo Paradiso perduto. Qui le sue gigantografie sembrano più vive. Qui è stato il vero Diego, il posto incantato del suo genio, il rifugio del ragazzo preso a morsi dalla vita, troppa la grandezza da sopportare, il pallone unico rifugio da un destino drammatico per essere eternamente bambino col sorriso scugnizzo e i riccioli neri.


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